I RISCHI NON ASSICURATI MINANO LA RESILIENZA GLOBALE

La terza edizione del Resilience Index di Swiss Re Institute, che misura la capacità di reagire a improvvisi eventi avversi, ha messo in luce un enorme gap di protezione a livello mondiale individuato in particolare negli ambiti salute, mortalità e rischi catastrofali. Intanto il livello dei rischi non coperti da polizza tocca un nuovo picco: 1.400 miliardi di dollari

I RISCHI NON ASSICURATI MINANO LA RESILIENZA GLOBALE
L’impatto devastante del Covid ha ridotto di un quinto la capacità di reagire agli shock, con un calo del 20% della resilienza, principalmente a causa degli straordinari stimoli fiscali adottati nei Paesi più sviluppati per attutire i danni provocati dalla pandemia. Non a caso, i livelli di debito pubblico sono aumentati mediamente del 16% e solo una politica monetaria molto accomodante ha consentito di tenerne sotto controllo i costi di mantenimento. 
È la principale fotografia messa in luce dalla terza edizione del Resilience Index, classifica elaborata da Swiss Re Institute (braccio di ricerca scientifica del riassicuratore elvetico) insieme alla London School of Economics, che misura la capacità dei diversi Paesi di reagire a improvvisi eventi avversi attraverso il calcolo combinato di 10 diversi fattori (efficienza del mercato del lavoro, deficit pubblico, penetrazione assicurativa, capitale umano, emissioni di Co2, diseguaglianze economiche, etc).

L’ITALIA È AL VENTRITREESIMO POSTO

A guidare la classifica della resilienza è la Svizzera, seguita da Norvegia, Danimarca, Finlandia, e Paesi Bassi. Chiudono la top ten la Svezia, il Canada e la Nuova Zelanda. L’Italia si trova 23esima su 32 posizioni, superata nel ranking da diversi Paesi europei. Per il nostro Paese si rilevano particolari problemi per quanto riguarda l’efficienza del mercato del lavoro, la solidità del sistema bancario, poco margine di manovra per la politica monetaria (come, del resto, per tutti i Paesi dell’Eurozona), ma anche ridotti spazi di bilancio pubblico. 
Tuttavia, spiega il report, dopo la recessione del 2020 il ciclo economico mondiale dovrebbe riprendersi con vigore quest’anno, contribuendo così a ricostruire la resilienza economica. Sul piano macroeconomico, però, ancora a fine 2021 non avremo riacquisito la capacità che avevamo in era pre-Covid di reagire a situazioni difficili. Per cui, secondo Swiss Re, i Paesi più in basso nel ranking, come l’Italia dovranno intervenire con riforme strutturali. 
“Le regioni più sviluppate, che avevano livelli di resilienza e di assicurazione più elevati – spiega Jérôme Haegeli, capo economista di Swiss Re – hanno reagito meglio alla pandemia. Tuttavia, per ripartire servono ora riforme strutturali perché si è accentuato il divario tra ricchi e poveri e ora i governi devono concentrarsi sulla ricostruzione e sulla promozione della coesione sociale, visto che l’equità e le pari opportunità saranno determinanti nel mondo di domani. Colmare il gap di protezione assicurativa significa poi sostenere la stabilità economica nel lungo periodo, oltre che aumentare la capacità di assorbire gli shock. Per questo – conclude Haegeli – sarà essenziale rendere più accessibili le polizze, ma è anche necessario che il mondo del business, i riassicuratori e i governi facciano la loro parte”. 

RISCHI NON ASSICURATI, NUOVO RECORD: 1.400 MILIARDI DI DOLLARI

La minore resilienza a livello globale ha anche aumentato la pericolosità e l’intensità dell’esposizione ai rischi, portando a un maggior deficit di protezione assicurativa. Tuttavia, Swiss Re si aspetta che “la ripresa economica unita a una crescita della consapevolezza dei rischi portata dall’esperienza Covid-19, sostengano un rafforzamento della resilienza assicurativa globale nel 2021”, si legge nel report. 
Questo forse potrebbe permettere di colmare almeno in parte un divario di protezione assicurativa che nel corso del 2020 è aumentato del 6,3% a livello globale, raggiungendo un nuovo picco di 1.400 miliardi di dollari, in crescita rispetto ai 1.300 miliardi di dollari del 2019. 
L’indice di resilienza globale composito nel 2020 è sceso leggermente al 54,1% (dal 54,7% dell’anno precedente) a causa dell’indebolimento della resilienza alla salute e alla mortalità in mezzo allo shock pandemico. I più vulnerabili si sono dimostrati essere i Paesi emergenti con punteggi di resilienza sanitaria inferiori e infrastrutture sanitarie meno robuste rispetto a quelle dei Paesi avanzati. La resilienza contro i rischi di catastrofi naturali rimane la più bassa di tutte.

DOVE SONO I GAP DI PROTEZIONE

I gap di protezione individuati dallo studio riguardano in particolare gli ambiti salute, mortalità e rischi catastrofali. Più nel dettaglio, nel 2020 i rischi salute hanno contribuito per più della metà del divario complessivo (747 miliardi di dollari, il 54% del totale), mentre per quanto riguarda le aree geografiche, le regioni più vulnerabili sono l’area Emea emergente, l’Asia-Pacifico e l’America Latina, che sommate tra loro hanno un gap pari a 816 miliardi di dollari (il 59% del totale divario globale). 
Scendendo più nel dettaglio nell’ambito salute, il report spiega che il divario globale in materia di protezione sanitaria nel 2020 si è ampliato dell’8,1%, portandosi 747 miliardi di dollari. “L’assicurazione sanitaria può svolgere un ruolo centrale nel rafforzare la protezione e ridurre i rischi finanziari correlati”, si legge nello studio. I governi al momento sembrano aver assorbito gran parte dello shock, con un aumento della spesa per i bisogni sanitari di emergenza. La pandemia ha anche stimolato la crescente domanda di assicurazione salute: i premi assicurativi sanitari nei mercati emergenti sono cresciuti del 17% in termini reali, nonostante la recessione, nel 2020. “Ci aspettiamo che questo sostenga il rafforzamento di resilienza sanitaria globale nei prossimi anni”, scrive Swiss Re.
Per quanto riguarda invece il gap globale di protezione dalla mortalità, il dato nel 2020 è aumentato del 5,9% a 408 miliardi di dollari a livello globale. L’Indice di resilienza in quest’ambito ha raggiunto il 45,8%, il che significa che meno del 46% delle famiglie ha i fondi necessari per mantenere il proprio tenore di vita in caso di morte del capofamiglia. Questi fondi possono assumere la forma di assicurazioni sulla vita, previdenza sociale e prestazioni ai superstiti, risparmi familiari e altri beni. In questo contesto, l’esperienza del Covid-19 ha rafforzato tra le persone la percezione dell’importanza della protezione contro questa tipologia di rischi. 
Infine, il report sottolinea che l’indice globale di resilienza alle catastrofi naturali è rimasto basso a circa il 24% in 2020, il che significa che il 76% delle esposizioni globali alle catastrofi naturali non è protetto. In altri termini, quattro miliardi di persone in tutto il mondo sono altamente sotto-protette contro il rischio di catastrofi naturali. 
I cittadini più protetti sono coloro che abitano in Danimarca, Francia, Nuova Zelanda, Australia e Regno Unito. Anche in questo caso, purtroppo, l’Italia occupa la parte bassa della classifica, figurando dietro a Paesi come la Colombia, il Messico, l’Ecuador e il Sudafrica. Il divario globale nella protezione dai disastri naturali nel 2020 è stato di oltre 230 miliardi di dollari.

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