UN MONDO ALLA RICERCA DI SOSTENIBILITÀ

Per evitare il rischio di autodistruzione verso cui viaggia il nostro modello di sviluppo, l’Onu ha fissato un’agenda con obiettivi da raggiungere in ambito ambientale, sociale ed economico. Un mondo più giusto conviene a tutti: anche alle imprese. Serve una nuova capacità di guardare al futuro, da costruire attraverso una formazione non solo ex-cathedra, ma basata sullo scambio di conoscenze

UN MONDO ALLA RICERCA DI SOSTENIBILITÀ
Il nostro attuale modello di sviluppo è insostenibile. E non solo dal punto di vista ambientale, ma anche economico e sociale. Ad affermarlo non sono (soltanto) le associazioni che si battono in difesa dell’ambiente e per la riduzione delle diseguaglianze, ma le Nazioni Unite, che il 25 settembre 2015 hanno approvato l’Agenda globale per lo sviluppo sostenibile. A parlarne alla platea del convegno organizzato da Insurance Connect è stato Luigi Ferrata, segretario dell’Asvis, l’alleanza per lo sviluppo sostenibile. Ferrata ha presentato i principali aspetti dell’agenda, composta da 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable development goals – Sdg nell’acronimo inglese), e articolati in 169 target, una sorta di sotto-obiettivi, da raggiungere entro il 2030. 

NESSUNO SIA LASCIATO INDIETRO

Ferrata ha poi illustrato nel dettaglio alcuni dei temi dell’agenda: la lotta contro la fame, la povertà, le malattie, il cambiamento climatico; la promozione della crescita, della salute, dell’istruzione e dell’inclusione sociale; l’uguaglianza di genere e lotta alla corruzione. 
“Leggendo con attenzione l’agenda – ha spiegato – si trovano costantemente dei riferimenti al rischio. Si può arrivare a dire che il rischio sia uno di quei minimi comuni denominatori che permettono l’implementazione dell’agenda, perché senza una corretta gestione dei rischi è praticamente impossibile raggiungere gli obiettivi che l’Onu si è data e che tutti i Paesi hanno sottoscritto”. Ferrata ha portato come esempio l’obiettivo della riduzione della povertà: tra i vari target è previsto che governi e imprese hanno il dovere di assicurare sistemi resilienti che permettano, soprattutto ai soggetti più deboli e più vulnerabili, di sopportare gli shock climatici, economici e sociali. 
Oltre ai goal e ai target, l’Agenda 2030 contiene anche due postulati. Il primo afferma che ciascun obiettivo non può essere perseguito a scapito di un altro. Il secondo, fondamentale, riguarda il principio che nessuno debba essere lasciato indietro. “È la direzione verso cui stanno andando molti Paesi. Ad esempio in India, negli ultimi anni, sono stati aperti circa 300 milioni di nuovi conti correnti. Significa che una popolazione che non poteva accedere a un mutuo, avere servizi di pagamento, avere un’assicurazione, è entrata a far parte del sistema finanziario. Questo dimostra che essere sostenibili – ha concluso Ferrata – conviene sia ai governi, sia alle aziende”. 


Luigi Ferrata, segretario dell’Asvis

UN RITORNO AL SENSO DI COMUNITÀ

Nell’intervento successivo, Massimo Michaud, presidente di Cineas ha sottolineato il legame tra qualità e sostenibilità, sostenendo che “la sostenibilità è la nuova domanda delle imprese. Oggi – ha spiegato – la società è diventata sensibile a temi di cui si sente un crescente bisogno, come la riappropriazione del senso della comunità. In questo senso la sostenibilità è una risposta ai seri rischi di autodistruzione che corre l’umanità”. Il concetto di sostenibilità sta diventando sempre più importante anche per le imprese. “Le grandi aziende si sono rese conto che agire nel solco della sostenibilità significa anche promuovere il proprio brand. La sostenibilità quindi – ha sottolineato Michaud – diventerà il cuore della domanda futura”. 
Ma il futuro, anche a breve termine, è difficile da immaginare. “Ciò che è nuovo non è solo la somma delle innovazioni tecnologiche, ma è l’integrazione delle nuove tecnologie in un nuovo modo di fare le cose”. Perché qualcuno ci spinga a fare qualcosa di nuovo, ha sostenuto Michaud, c’è bisogno di una forte motivazione: bisogna sentirne la necessità.


Massimo Michaud, presidente di Cineas

LA FORMAZIONE COSTRUITA CON L’ESPERIENZA

Riflettere su questi temi è fondamentale, ma non sempre si riesce a soffermarsi su concetti alti nella frenesia della vita quotidiana. “Il ruolo della formazione – ha detto il presidente di Cineas – è anche questo: un momento di riflessione, di pensiero”. Per imparare a gestire il rischio, ha osservato Michaud, occorre informarsi e formarsi su vari ambiti. Uno di questi è il rischio del patrimonio immateriale delle imprese: i dati, i brevetti, i rapporti e le relazioni che sono state create nel tempo con i clienti. Un altro tema caldo è l’ambito dei rischi regolamentari, cioè la compliance, e del rischio reputazionale. Per Michaud la buona formazione “non si fa certamente solo ex-cathedra. Si fa formazione sperimentando. Osservando. Analizzando i casi concreti. E soprattutto avendo aule dove la competenza dell’uno può essere messa a fattor comune con la competenza degli altri. Anche chi insegna trae un arricchimento grazie allo scambio di esperienze. Questo – ha concluso il presidente di Cineas – è l’approccio dei nostri master: spiegare il metodo per un determinato passaggio, partendo dall’esperienza concreta e dalle case history”. 

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