EMPATIA E TECNOLOGIA PER IL PERITO DEL FUTURO

Tra una gestione sempre più standardizzata dei sinistri di massa, e un ruolo sempre più cruciale nella gestione di quelli complessi, la professione del loss adjuster sta andando verso una direzione inedita, segnata dalle nuove esigenze degli assicuratori di fidelizzare il rapporto con la clientela. Se ne è parlato in una tavola rotonda dell’Innovation Summit che ha messo a confronto periti e compagnie

EMPATIA E TECNOLOGIA PER IL PERITO DEL FUTURO
La diffusione della riparazione in forma specifica sta portando a una progressiva standardizzazione delle modalità operative dei periti nella gestione dei sinistri di massa, mentre per i sinistri complessi la qualità umana del professionista è ancora l’elemento chiave in grado di fare la differenza. Verso quale direzione sta andando la professione del loss adjuster? Se ne è discusso nel corso della tavola rotonda dedicata all’evoluzione professionale del perito non motor, moderata da Massimiliano Maggioni professional affiliate presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e docente Cineas

UN PIÙ MASSICCIO IMPIEGO DELLA TECNOLOGIA

La premessa di carattere generale, fatta da Daniele Barini, presidente di Anpre, è che negli ultimi cinque anni sono cambiate le esigenze dell’assicuratore, “che è passato da soggetto a cui trasferire un danno economico a soggetto in grado di offrire nuovi servizi, per fidelizzare il rapporto col cliente”. Questo, secondo Barini, ha avuto una ricaduta anche sulle strutture peritali. “Il primo passo di questo cambiamento – ha spiegato – è stata l’introduzione dell’indennizzo in forma specifica, che ha portato a una necessaria innovazione di modello nelle nostre strutture, che in passato erano piccole e numerose, mentre questa nuova politica degli assicuratori richiede organizzazioni più grandi e più strutturate, e più investimenti”.
Questa innovazione culturale ha portato ovviamente anche all’utilizzo di strumenti tecnologici nuovi per l’attività del perito. Una dinamica che è stata accelerata dalla pandemia. Luca Nava head of claims di Allianz Global Corporate and Specialty (Agcs), portando il punto di vista dell’assicuratore, ha fatto numerosi esempi di impiego di dispositivi in ambito peritale, a partire dall’uso sempre più frequente dei droni, “per necessità – ha detto Nava – ma anche per comodità, e non solo per l’accertamento del danno ma anche in fase preventiva, di valutazione del rischio”. Ciò permettere di risparmiare tempo, e di raccogliere moltissimi dati che manualmente è difficile rilevare. Poi ci sono le tecnologie satellitari che permettono di fare una valutazione delle caratteristiche del suolo, o di monitorare fenomeni metereologici estremi. C’è poi il cantiere aperto dell’intelligenza artificiale, “che anche in ambito peritale ha attirato l’interesse di molti operatori”, ha detto Nava, precisando però che “se questo scenario prescinde per certi aspetti dall’intervento umano, in chiave generale l’incontro e la relazione personale restano imprescindibili”. 
Come coniugare, dunque, tecnologia e fattore umano? Secondo Marco Valle, vice presidente di Aipai, con la progressiva standardizzazione “rischiamo di perdere la possibilità di avere professionisti preparati a essere concentrati sulla persona, sulle persone. L’azienda che incontra personalmente il perito – ha spiegato – e capisce all’istante in che mani è, capisce se quel perito è in grado di comprendere il proprio dramma. Queste competenze sono davvero un bagaglio per tutti noi. Dobbiamo guardare la tecnologia come a un supporto, ma dobbiamo fare in modo che la nostra capacità di gestire, di capire, di entrare in empatia, di fornire indicazioni e suggerimenti per il danneggiato resti fondamentale”. Quindi secondo Aipai bisogna investire molto, sulla formazione e sulla presenza sul posto del loss adjuster, sulla sua capacità di trovare soluzioni che risolvano le problematiche complesse con risposte che vanno trovate in fretta, “ma anche fare della loss prevention imparando dal sinistro, raccogliendo i dati e mettendoli a sistema”, ha evidenziato Valle. 

LE NUOVE COMPETENZE RICHIESTE AI LOSS ADJUSTER

Secondo Barini, l’introduzione delle nuove tecnologie “richiede una formazione maggiore, e un rapporto col cliente sempre più empatico. Per le nostre strutture, questo significa investire anche sulla formazione del personale che fa la perizia: parlarsi attraverso uno smartphone o in videoconferenza – ha detto – è diverso che vedersi di persona, e l’empatia si traduce in velocità di contatto e proattività”. Gli studi peritali hanno fatto grandi investimenti per intervenire dando meno disturbo all’assicurato sia in termini diagnostici con interventi meno invasivi, sia in termini di riparazione, ambito in cui la tecnologia evolve anche nei materiali utilizzati. “Questo processo – ha osservato Barini – implicherà una rivisitazione ulteriore delle nostre strutture, portando a ulteriori forme di aggregazioni”. La ridefinizione professionale a cui stiamo assistendo, secondo il presidente di Anpre, vedrà la figura del perito in senso stretto (che continuerà a esistere per i sinistri complessi) coesistere con una gestione sempre più standardizzata dei sinistri di massa, “ma qui – ha avvertito – c’è una grande necessità di formazione culturale e di approccio. La fidelizzazione del cliente rappresenta un più facile modo per la gestione dei costi delle nostre strutture”. 
Per un assicuratore avere a monte una certezza dei costi “significa avere più facilità di prezzare i rischi”, ha detto Nava. Per quanto riguarda il rapporto tra il cliente e il perito in quanto volto della compagnia, “la tecnologia richiede conoscenza e specializzazione. Bisogna conoscere il tipo di attività, il tipo di supply chain, quindi bisogna conoscere le differenze per non avere delle difficoltà, quindi specializzazione e competenza sono fondamentali. Sono qualità che una struttura dei periti deve avere. Il cliente deve essere soddisfatto, spesso – ha ammesso Nava – il rapporto tra cliente e perito è molto forte, e in polizza si richiede quale perito vuole che si occupi del sinistro”. 
Secondo Marco Valle, essere empatici significa “capire il dramma della persona, essere sempre pronti a intervenire sul campo, essere sicuri quando si propone una soluzione al danneggiato, saper creare dei cronoprogrammi”. Addio, quindi, al perito ragioniere o al perito notaio. Il loss adjuster ideale è “il perito capace di proporre soluzioni, di dare sicurezza sulla base della propria esperienza vissuta in situazioni simili. Questi – ha evidenziato Valle – sono i periti italiani. Noi siamo in grado di dare a tutto il sistema soluzioni vere, reali, che verifichino allo stato dei fatti quali sono le azioni più idonee da adottare”. Secondo il vice presidente di Aipai, oltre che investire sull’innovazione occorre investire anche sul rapporto con il cliente, in un’ottica di fidelizzazione, “perché è nel momento del bisogno si capisce se l’assicuratore vale”. E bisogna puntare “sulla qualità, sul servizio, sui periti in gamba: è così che si costruisce un sistema che funziona”. 

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