ALLA RICERCA DI STANDARD CONDIVISI

Servono criteri riconoscibili per l’interoperabilità dei servizi assicurativi: così facendo, come emerso nel corso della tavola rotonda dedicata alle start up, sarà possibile integrare l’offerta di operatori diversi e garantire prestazioni a valore aggiunto per la clientela

ALLA RICERCA DI STANDARD CONDIVISI
Il messaggio che arriva dalle start up del settore assicurativo è chiaro: abbiamo bisogno di standard condivisi per l’interoperabilità dei servizi assicurativi. Solo così sarà possibile abbracciare definitivamente il paradigma dell’open insurance e dar vita a ecosistemi di business in cui imprese diverse lavorano insieme per offrire nuove prestazioni utili alla clientela. In caso contrario, è probabile che il futuro non consenta alle compagnie di cogliere le opportunità di sviluppo di nuovi servizi a valore aggiunto, lasciandole esposte alla competizione dei nuovi player assicurativi digitali e delle big tech
L’appello è arrivato nel corso della tavola rotonda dedicata alle insurtech (ma non solo). “Ci sono due elementi che possono favorire la diffusione dell’open insurance: una regolamentazione favorevole e una standardizzazione efficace delle Api”, ha osservato in apertura Francesco Zaini, partner di G2 Startups, che ha moderato il dibattito fra i partecipanti. I rappresentanti delle start up intervenute nel confronto fanno parte dell’Italy Working Group, chapter italiano dell’Open Insurance Initiative (Opin) per favorire il dibattito sull’argomento e contribuire all’individuazione di standard condivisi per le Api. “Abbiamo dovuto necessariamente escludere diverse realtà interessanti nel selezionare i partecipanti a questa tavola rotonda, perché le start up e le compagnie che partecipano al gruppo sono numerose e con modelli di business originali”, ha commentato Zaini. A testimonianza del fatto che il tema è sentito parecchio e sono in tanti a chiedere risposte.

LE DIFFICOLTÀ DELLE INSURTECH

Il tema è particolarmente sentito dalle insurtech, società che sfruttano le nuove tecnologie per rivedere e rinnovare i tradizionali modelli di business delle assicurazioni. È il caso di MioAssicuratore, broker assicurativo che, a differenza dei normali comparatori, consente al cliente di completare l’acquisto e di gestire tutte le incombenze, a cominciare dal rinnovo della polizza e dalla gestione sinistri, all’interno della sua piattaforma. “Siamo a tutti gli effetti un broker assicurativo, ma lavoriamo in maniera digitale”, ha commentato il ceo Giorgio Campagnano.
L’assenza di standard condivisi costituisce un grande problema per una società come MioAssicuratore. “Quando siamo partiti – ha ricordato Campagnano – aveva la difficoltà di integrarci con i vari partner, perché ognuno di loro aveva strumenti diversi”. Raggiungere standard per l’interoperabilità dei servizi assicurativi, secondo Campagnano, sarà fondamentale per “ridurre i tempi di integrazione e migliorare la scalabilità del business: è per questo che abbiamo deciso di partecipare all’Opin”.


Da sinistra: Leonardo Lai, Giorgio Campagnano, Fabio Cerino, Paolo Tanfoglio e Francesco Zaini
©  Insurance Connect

UN SETTORE NON PREPARATO

Difficoltà del tutto simili sono state riscontrate anche da Lokky, piattaforma digitale specializzata esclusivamente nell’offerta di soluzioni assicurative per piccole imprese, microimprese e professionisti. “È un settore in cui crediamo molto, perché pensiamo che le potenzialità del mercato non siano state sfruttate adeguatamente in passato e perché vediamo una crescente sensibilità verso questo genere di soluzioni”, ha osservato Paolo Tanfoglio, ceo di Lokky. “La vera sfida – ha aggiunto – è aumentare il perimetro del mercato potenziale”.
Il problema è che il settore non sembra preparato alla novità. “La difficoltà principale risiede nel fatto che il mercato assicurativo non è pronto a fornire servizi in Api a partner terzi: abbiamo fatto un’enorme fatica – ha detto Tanfoglio – a trovare partner che avessero Api pronte per un’offerta digitale assicurativa”. Ecco perché è importante giungere a standard condivisi. “Stiamo continuando ad arricchire il catalogo, ma la disponibilità di prodotti digitalizzabili tramite Api è fondamentale per la nostra evoluzione”, ha concluso Tanfoglio.

SETTORI DIVERSI, STESSE DIFFICOLTÀ

Il tema non riguarda soltanto le insurtech, ma tocca anche start up che, seppur nate in ambiti diversi, vedono opportunità nel settore assicurativo. E che vorrebbero provare a coglierle, queste opportunità, se soltanto fosse possibile interagire facilmente con gli operatori del settore. Beefrest, per esempio, è una start up specializzata nel monitoraggio della qualità dell’aria negli ambienti chiusi. “Le potenzialità per il settore assicurativo – ha detto il ceo Fabio Cerino – sono subito evidenti: il nostro sistema, tanto per citare un caso, potrebbe rilevare una fuga di gas in casa e chiudere automaticamente le valvole per evitare danni peggiori, riducendo così il rischio per l’abitazione”. I dati raccolti potrebbero poi essere anonimizzati e ceduti a società specializzate nella gestione del rischio.
Stesse difficoltà anche nelle parole di Leonardo Aloi, ceo di CupSolidale. “Siamo una digital health platform che consente al cliente di prenotare prestazioni sanitarie: siamo un vero e proprio Cup e lavoriamo nella logica del marketplace”, ha commentato. La start up sta al momento lavorando a un progetto pilota in Toscana con le mutue delle banche del Credito Cooperativo. “Abbiamo un livello notevole di Api che possiamo mettere a disposizione delle insurtech”, ha affermato Aloi. “Abbiamo inoltre la possibilità di fornire ai nostri partner dati aggregati e anonimizzati che offrono un’immagine del tipo di prenotazione che viene generalmente richiesto dai nostri clienti: credo – ha concluso – che un’offerta di questo genere possa essere di sicuro interesse per le assicurazioni”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Articoli correlati

I più visti