UN NUOVO PARADIGMA DI MOBILITÀ

L’attenzione alla sostenibilità ambientale e la transizione digitale si riverberano anche sui tradizionali modelli di spostamento: Lorenzo Tavazzi e Sergio Savaresi hanno analizzato la dinamica evolutiva di un settore che, fra molte criticità, si prepara ad abbracciare vetture elettriche, condivise e a guida autonoma

UN NUOVO PARADIGMA DI MOBILITÀ
👤Autore: Giacomo Corvi Review numero: 100 Pagina: 28-29
L’evoluzione della società si riflette anche sul paradigma della mobilità. E non potrebbe essere altrimenti, visto che questo “è uno dei pochi settori a trovarsi contemporaneamente al centro della transizione ecologica e della transizione digitale, ossia i due principali trend di cambiamento della nostra epoca”, ha osservato Lorenzo Tavazzi, partner di The European House – Ambrosetti, nelle battute iniziali del tradizionale convegno di Insurance Connect sul grande tema dell’Rc auto. “Stiamo parlando di un’enorme trasformazione di sistema e servizio che potrà toccare la vita di tutti noi – ha spiegato – e generare grandi opportunità industriali: nel solo ambito dell’elettrificazione dei sistemi di alimentazione e propulsione, per esempio, c’è in Italia un potenziale di oltre 400 miliardi di euro entro la fine del decennio”.
Qualche segnale di questa trasformazione è già ben visibile. “Stiamo assistendo a una forte diminuzione del traffico nelle tradizionali ore di punta, mentre il settore della sharing mobility registra tassi di immatricolazione più elevati rispetto alla media di mercato, e anche il segmento della mobilità dolce, che già oggi vanta in Europa una filiera produttiva da 20 miliardi di euro, sta conoscendo un consistente sviluppo”, ha illustrato Tavazzi. Il passo successivo sarà probabilmente dato da modelli di mobility as a service, in cui l’utente avrà la possibilità di combinare più mezzi di trasporto per effettuare i suoi spostamenti.



UN MODELLO ANCORA INEFFICIENTE

La prospettiva, per quanto concreta, resta tuttavia lontana. E ciò soprattutto in ragione di alcune criticità che attendono ancora di essere superate. A cominciare da un concetto di proprietà privata che per Sergio Savaresi, professore di automazione del Politecnico di Milano, poco si addice ai moderni modelli di mobilità. In collegamento dal Texas, Savaresi ha preso innanzitutto l’esempio delle auto elettriche. “È un ambito che soffre tantissimo il dilemma fra prestazioni massime e media di utilizzo”, ha commentato. “Tutti noi – ha aggiunto – vorremmo veicoli elettrici con un’autonomia di 700 chilometri, ma la media di utilizzo si ferma attualmente attorno ai 50 chilometri al giorno, cosa che si traduce in un’inutile spreco di risorse”. Secondo Savaresi, “non più del 30% del parco attualmente circolante in Italia si presta a un’elettrificazione che possa legarsi al concetto di proprietà privata e, allo stesso tempo, garantire livelli soddisfacenti di efficienza”.
Criticità analoghe si riscontrano anche nell’ambito della sharing mobility e delle vetture condivise. “È un settore che non funziona a livello economico perché il modello di business non sta in piedi, imponendo costi eccessivi per gli utenti che ricorrono a questi mezzi di trasporto”, ha detto Savaresi.

UN’EVOLUZIONE IN CORSO

Secondo Tavazzi, l’evoluzione della mobilità non nasce dal nulla, ma “segue la trasformazione della società e dei territori”. L’esperto si è in particolare soffermato sulla “dinamica, iniziata negli anni 2000, che ha consentito, per la prima volta nella storia dell’umanità, alla popolazione urbana di diventare più numerosa della popolazione rurale”. Tutto ciò, ha proseguito, “comporta ora la necessità di un ripensamento del concetto di mobilità negli spazi urbani e dei modelli di collegamento con il resto dei territorio, spingendo l’elaborazione di sistemi che possano adattarsi ai nuovi stili di vita della popolazione”.
Tavazzi, a tal proposito, ha ricordato il paradigma Asi, acronimo inglese per avoid, shift, improve, che è stato recentemente adottato dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti: creare le condizioni per evitare gli spostamenti inutili, orientarsi verso mezzi di trasporto più efficienti e migliorare i livelli di efficienza e sicurezza della mobilità. Altri sistemi sono poi in fase di sperimentazione. In Europa, per esempio, sta prendendo piede il modello della cosiddetta 15-minute city, piano di riprogettazione urbana che si propone di rendere tutti i punti di interesse cittadini non distanti più di quindici minuti di viaggio per le persone. Insomma, tanti esempi per un’evoluzione che, a conti fatti, è tuttora in corso. “L’Italia investe in mobilità sostenibile molto più della media europea e, nel passato recente, gli impegni nazionali in questo ambito erano superiori a quello che Germania, Francia e Spagna riuscivano collettivamente a investire”, ha osservato Tavazzi.



L’AUTO COME IL CAVALLO

A detta di Savaresi, molte delle criticità riscontrate potranno essere superate soltanto con il varo dell’auto a guida autonoma. “Secondo le nostre analisi, dieci auto private potranno in futuro essere sostituite da una vettura autonoma, pubblica e condivisa, in grado di raggiungere elevati livelli di percorrenza annuali e di adattarsi così agli standard di efficienza richiesti dai moderni sistemi elettrici di alimentazione e propulsione”, ha commentato. “Attualmente – ha aggiunto – ci sono in Italia 40 milioni di auto che in futuro potranno essere rimpiazzate da 4-5 milioni di vetture altamente utilizzate, digitalizzate e condivise, cosa che consentirebbe così anche di ridurre lo spreco di risorse”.
Quello delineato da Savaresi è il cosiddetto modello dei robotaxi, dominato da flotte di vetture autonome e condivise in grado di soddisfare il bisogno di spostamento dell’intera popolazione. E per quanto riguarda le esigenze emotive generate dal possesso e dall’utilizzo di una vettura? Ecco, qui per Savaresi si assisterà alla stessa dinamica che un secolo fa ha investito il cavallo. “Gli aspetti funzionali ed emotivi delle auto, finora integrati insieme, sono destinati a separarsi”, ha commentato. “Il bisogno funzionale di spostarsi sarà soddisfatto dal modello dei robotaxi, mentre quello emotivo – ha concluso – sarà riservato a vetture di proprietà che troveranno nei circuiti, e non più sulle strade cittadine, il loro spazio di espressione”.

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