COSI' CAMBIA IL RISK MANAGEMENT ITALIANO

Sistemi integrati di gestione dei rischi si accompagnano a valutazioni di scenari finora sconosciuti, utili al controllo di minacce emergenti. Per Alessandro De Felice, Presidente di Anra, nel nostro paese è tempo di valorizzare le competenze specifiche dei risk manager e di diffondere la cultura del rischio anche presso le aziende di più piccole dimensioni

Watermark 16 9
👤Autore: Maria Rosa Alaggio Review numero: Edizione Speciale FERMA Pagina: 8 - 11
Un Paese che vive gli stessi rischi a cui è sottoposto il resto del mondo, con le complessità portate dalla globalizzazione, dalle filiere produttive sempre in evoluzione e dalla crescente pervasività della tecnologia nelle nostre vite. Così come pervasive, e anzi devastanti, risultano la crisi economica e l’acuirsi degli scenari climatici. Eppure l’Italia, con le sue grandi aziende multinazionali che viaggiano a grande distanza dalla realtà delle piccole e medie imprese, pilastro operoso del nostro tessuto economico, ha le sue peculiarità e caratteristiche distintive anche in fatto di risk management. 
Individuare i valori e le difficoltà quotidiane, con obiettivi e risultati che non possono essere mai persi di vista da chi ogni giorno si occupa di gestione dei rischi, significa avvicinarsi a un mondo che richiede competenze evolute, capacità manageriali e rigore organizzativo. 

Per conoscere più da vicino il ruolo, le sfide e le prospettive del risk management nel nostro Paese, in un costante confronto internazionale, abbiamo incontrato Alessandro De Felice, presidente di Anra (Associazione nazionale di risk manager e responsabili di assicurazioni aziendali), segretario generale di Ifrima (International federation of risk management associations) e, dal 2012 al 2014, vice presidente di Ferma (Federation of european risk management associations). 
In ambito aziendale De Felice ricopre la carica di chief risk officer di Prysmian e managing director della Prysmian Reinsurance Company. 

I ruoli istituzionali, in Italia e all’estero, gli hanno consentito di acquisire un punto di osservazione globale sulle dinamiche della gestione dei rischi nei vari Paesi e sulle specifiche problematiche che riguardano i risk manager. “L’Italia dimostra un’elevata capacità di gestire i rischi e non ha nulla da invidiare al resto d’Europa – sottolinea De Felice –. Gli studi che abbiamo realizzato dimostrano che le aziende che dispongono di strutture di risk management nel nostro Paese possono vantare elementi di qualità e ottimi livelli di gestione. Ma il problema dell’Italia riguarda il gran numero di imprese che, per un problema dimensionale, non dispongono di strutture dedicate, non svolgono attività di risk management adeguate o dedicano con difficoltà tempo e risorse alle tematiche legate ai rischi aziendali”. Da sempre Anra si pone come obiettivo la diffusione di una maggiore cultura del rischio tra le aziende e, più recentemente, in particolare tra quelle medio-piccole: un passaggio necessario che consentirebbe all’Italia di effettuare un significativo cambio di passo nel risk management. 





Il risultato degli sforzi profusi in questa direzione è dato dalla crescita del numero di associati, passati dai 150 di due anni fa agli attuali 220, che rappresentano tutte le principali aziende italiane attive nei vari settori dell’economia e che, considerando il fatturato aggregato, contribuiscono per 30% al Pil italiano.  
“La nostra mission – spiega De Felice – è porci come principale stakeholder a livello italiano sulle tematiche del risk management. Fondamentale è quindi lo sviluppo della base associati, a cui abbiamo puntato coinvolgendo quelle funzioni aziendali non impegnate a tempo pieno nella gestione del rischio: responsabili amministrazione, finanza e controllo, figure consulenziali, responsabili organizzazione, internal auditor, soggetti attivi in società di outsourcing che forniscono servizi a più aziende, e in generale realtà di dimensioni più piccole rispetto alle società che tradizionalmente figurano tra i soci Anra”. 


RISCHI TUTTI ITALIANI

Se in Europa i rischi più percepiti sono quelli legati al terrorismo, al cyber crime e alla supply chain, in Italia, a livello generale, la congiuntura economica sposta le priorità delle aziende su questioni più urgenti, generate dalla necessità di salvaguardare innanzitutto il patrimonio dell’impresa. Tutte le problematiche legate al rischio di credito, quindi la conoscenza dei territori in cui si opera, i rapporti con i fornitori e la valutazione delle possibili insolvenze, ricoprono un ruolo centrale per garantire la sicurezza delle attività e degli investimenti. Particolarmente sensibili al rischio di credito sono, comprensibilmente, le aziende che operano all’estero e che ricavano la gran parte del proprio fatturato con l’export. Si tratta di realtà particolarmente interessate anche ai rischi legali, a causa delle diversità dei sistemi giuridici tra i vari Paesi e delle conseguenze che un sinistro potrebbe comportare. In crescita è quindi anche l’attenzione alla compliance (sia in materia giuslavoristica sia ambientale), alle conseguenze di eventuali infrazioni e a tutte le iniziative di adeguamento alla complessità legislativa. 

Un capitolo a parte, infine, va riservato al tema delle catastrofi naturali. L’Italia è testimone e vittima di fenomeni come le pesanti alluvioni e soprattutto i terremoti, sempre più frequenti e dalle conseguenze sempre più gravi, come il più recente, nel 2012, in Emilia Romagna. “Anra presidia tutte le tematiche del rischio – aggiunge De Felice – promuovendo cultura, attività di networking e scambio di best practice. Il nostro lavoro si articola sulla creazione di contenuti, informazione, formazione e comunicazione verso gli organi di stampa: questo insieme di valori ci consente di posizionarci come interlocutore nell’agenda dei provvedimenti legislativi”. 





IL FOCUS SUI MODELLI ORGANIZZATIVI

I rischi sono oggi sempre più complessi e interconnessi e, per affrontarli, i risk manager del nostro Paese richiedono un supporto per confrontarsi sulle policy di risk management aziendale, sui modelli organizzativi, sui modelli di reportistica e sulle modalità di valutazione e quantificazione. I sistemi di analisi rappresentano un elemento cruciale per l’ottimizzazione del risk management e, nell’attuale congiuntura, le aziende sembrano particolarmente sensibili alla ricerca di soluzioni più efficaci rispetto al passato. Per questo motivo, Anra sta collaborando con alcuni sviluppatori per la realizzazione di soluzioni software dedicate, necessarie ai risk manager per migliorare la loro reportistica. 
“Il punto di partenza per lo sviluppo di queste soluzioni – spiega De Felice – resta naturalmente la necessità di stabilire le logiche su cui strutturare le analisi, ottimizzando i modelli organizzativi in relazione alla disclosure verso gli azionisti e alle tematiche risk appetite/risk tolerance”. Per favorire la diffusione dell’enterprise risk management Anra sta lavorando a uno specifico position paper per analizzare i modelli delle aziende italiane mettendoli in relazione a quanto avviene in Europa. Si tratta di problematiche che hanno impatti diversi a seconda dei settori merceologici, e che pertanto richiedono un approccio analitico che sarà elaborato e razionalizzato dagli esperti del Comitato scientifico di Anra per rendere noti i risultati entro il primo semestre del 2016. 


VOLATILITA' E MOLTIPLICAZIONE DEGLI SCENARI DI RISCHIO

Quando si parla di rischi emergenti si entra in un ambito fatto di situazioni non conosciute, in cui anche le analisi di tipo quantitativo trovano una difficile applicabilità. Il terreno su cui muoversi è pertanto quello qualitativo, con l’obiettivo di disegnare ipotetiche evoluzioni prevedendone gli impatti. Su questo tema Anra ha organizzato un workshop nell’ambito del Ferma Forum 2015 e, grazie alla collaborazione con il Politecnico di Milano e l’Università di Trento, offre la possibilità di analizzare tutti i rischi difficilmente prevedibili cercando di circoscriverli in una serie di sottorischi. 
“Pensiamo – spiega De Felice – all’insieme di elementi sociali legati al mutamento climatico, oppure alla disponibilità o meno di prodotti alimentari di base e al variare dei relativi prezzi. Il mutare di solo uno di questi elementi può generare rischi che impattano sugli altri, moltiplicando gli scenari di riferimento, le valutazioni delle conseguenze e la tipologia di danno”. Cercare di descrivere questi scenari significa, secondo De Felice, fornire soluzioni in particolare per quei settori che più di altri sono condizionati dal mutamento di alcuni parametri. Il settore dell’agricoltura, per esempio, ha la necessità di ridurre al massimo il rischio di volatilità dei fenomeni meteorologici, mentre il settore Energy è sottoposto alla variazione del prezzo del petrolio, che incide direttamente sul costo dell’elettricità. Il termine volatilità risulta così sempre più destinato a incidere sulle valutazioni dei risk manager e sulla gestione di scenari di rischio complessi, interconnessi e, almeno per il momento, imprevedibili. 


INTERVENIRE NELLA CORPORATE GOVERNANCE

Nel tempo il ruolo del risk manager è diventato sempre più centrale nelle aziende, e ancor più lo sarà in ottica di enterprise risk management. Per una gestione integrata del rischio gli interlocutori dei risk manager devono necessariamente essere le diverse funzioni aziendali ed esterne, dal cda all’area amministrazione e controllo, dalla logistica alle operations, dalle società di consulenza al mercato assicurativo. “Solo attraverso una fattiva collaborazione tra le diverse unit aziendali, e con la partecipazione diretta del cda alle tematiche del rischio, dichiara Alessandro De Felice, presidente di Anra – sarà possibile effettuare un salto qualitativo nel risk management, come per altro previsto dal Codice di autodisciplina delle società quotate. La sfida del risk manager sarà allora far percepire all’interno dell’azienda la necessità di intervenire nella corporate governance implementando un sistema integrato di gestione di rischi: per fare questo avranno bisogno di maggiori informazioni e di far evolvere ulteriormente le proprie competenze, anche attraverso corsi di formazione mirati, interpretando con sempre più puntualità le dinamiche dei processi aziendali”. 


LA CRESCITA PROFESSIONALE PASSA DALLA FORMAZIONE 

Per riuscire a gestire il moltiplicarsi dei rischi e la loro complessità, l’evoluzione della professione di risk manger sembra passare attraverso la capacità di integrare il proprio mestiere nelle logiche di corporate governance. Con questo obiettivo Anra propone ai propri associati un ampio catalogo di corsi di formazione. Grazie alla collaborazione con il mondo accademico (Cineas, Ifaf, Politecnico di Milano, Mib School of management e Università di Verona) Anra offre ai risk manager la possibilità di migliorare le proprie competenze. Tra i corsi disponibili, solo per fare qualche esempio, quelli relativi a enterprise risk management, engineering e loss prevention e alla gestione della business continuity, fino al project management e all’approfondimento di rischi specifici come quello marittimo. A quest’ultimo ambito, in particolare, sarà dedicata Anra Maritime Academy, una nuova realtà dedicata alla formazione che l’associazione dei risk manager presenterà in autunno. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Articoli correlati

I più visti