C’ERA UNA VOLTA IL CONTRATTO STATICO

Oggi, quasi tutte le compagnie sono alle prese con la riscrittura degli accordi e il ridisegno di prodotti sempre più dinamici e modulari. Complice la normativa che spinge verso la semplificazione. Se n’è discusso durante una sessione parallela dell’Insurance Connect Innovation Summit 2020

C’ERA UNA VOLTA IL CONTRATTO STATICO
👤Autore: Fabrizio Aurilia Review numero: 76 Pagina: 32
Lo si è spesso detto: nel settore assicurativo la normativa ha un raggio d’azione molto vasto. Dalla tutela del cliente, alla vigilanza su compagnie e intermediari, alla garanzia di un campo da gioco omogeneo per tutti gli operatori. Negli ultimi nove-dieci anni però, la normativa assicurativa ha avuto anche un ruolo inedito di spinta all’innovazione e alla digitalizzazione. Uno degli esempi più eclatanti di questo atteggiamento è certamente l’aver imposto alle compagnie l’home insurance, la dematerializzazione del contrassegno, l’attestato di rischio dinamico: tutti presidi cui, forse, poteva arrivare anche il mercato ma che la normativa ha accelerato. Ora uno dei campi principali su cui stanno giocando i regolatori è quello dei contratti. 
E proprio di questo hanno discusso i relatori della sessione parallela dell’Insurance Connect Innovation Summit 2020, intitolala Dal contratto statico al contratto dinamico. L’appuntamento è stato moderato dall’avvocato Maurizio Hazan, dello studio legale Taurini-Hazan, che ha introdotto i lavori chiarendo che i “nuovi vincoli normativi possono essere colti come una nuova possibilità di copertura e innovazione per il settore”. 

UN CAMBIO DI MENTALITÀ

Fino a poco tempo fa, il contratto assicurativo era pensato come un oggetto statico, qualcosa che vive al momento della sottoscrizione e che poi lascia l’assicurato al suo destino. Ora, ha sottolineato Hazan, “anche la normativa chiede un contratto dinamico che calza e veste l’assicurato e che non sia scritto a priori”, capace di “modulare e selezionare le esigenze, attingendo a varie possibilità di copertura”. La buona notizia è che in sostanza tutte le compagnie stanno andando in questa direzione, alla ricerca di una compartecipazione del cliente alla costruzione del prodotto e nella gestione del rapporto. 
Secondo Andrea Bonomini, dirigente responsabile ufficio legale e reclami del gruppo Cattolica, educare gli intermediari al rischio è sempre più importante perché “loro hanno un ruolo essenziale”. Contemporaneamente le compagnie devono “cambiare mentalità, imparando a costruire prodotti modulari, cestinando i contratti standard: mi aspetto una riclassificazione totale della gamma prodotti”, ha spiegato. 
Per capire le esigenze dei consumatori, l’osservatorio dei reclami è importante “ma l’opera da fare è a monte”: il reclamo, ha continuato Bonomini, “ci dice dove soffriamo e come possiamo migliorare”. Ma è ancora più utile se il momento di frizione tra compagnia e cliente si trasforma in un’occasione di dialogo: “guai a rispondere in legalese o ad arroccarci sulle nostre posizioni”, ha concluso il responsabile di Cattolica. 

DUE TENDENZE APPARENTEMENTE DIVERGENTI

Ma se da un lato la normativa e parte del mercato spingono verso una personalizzazione e parcellizzazione dei rischi per ogni singolo individuo, dall’altro c’è una tendenza opposta. Dal punto di vista di un grande player internazionale come Aon Benfield, la variabile di rischio, per esempio nel settore motor, è sempre meno personalizzata: “il bonus malus è un meccanismo sempre meno importante e assistiamo all’esigenza da parte dei clienti di una pianificazione economica chiara e prevedibile”, ha commentato Gianpiero Mosca, consigliere di amministrazione di Aon Benfield. 
Il nuovo scenario del mercato auto porta alla “flattizzazione delle tariffe”. È cambiata la mobilità, ha ricordato Mosca, quando l’auto è passata in questi anni da oggetto di proprietà a bene condiviso attraverso il car sharing e il noleggio a lungo termine. Soprattutto quest’ultimo fenomeno merita una riflessione ulteriore: “prima – ha argomentato Mosca – il noleggio a lungo termine era qualcosa che riguardava un piccolo gruppo di persone, perlopiù partite Iva, mentre ora coinvolge in larga misura i privati, anche senza che ci sia alcun beneficio fiscale”. 
Cambia, quindi, anche la polizza che è sempre meno una promessa di risarcimento e sempre più un modo per prevenire il sinistro e per vendere, in bundle, altri prodotti non assicurativi.
I relatori hanno infine concordato sull’idea che il digitale dev’essere utilizzato solo quando serve. È vero che il mercato sta andando verso l’abbinamento di oggetti tangibili alle polizze, ma in molti hanno già capito che un gadget non aiuta la compagnia a selezionare i rischi. I servizi, in definitiva, devono arricchire il contratto e non renderlo più confuso. 

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