IL RITORNO DELL'AGENTE IN ESCLUSIVA

Chiedere al legislatore di ristabilire la facoltà di reintrodurre nei contratti di agenzia le clausole di esclusiva, sancite e regolamentate, fornirebbe per le imprese una garanzia di ritorno degli investimenti affrontati sia per la formazione, sia per l’organizzazione e il miglioramento delle performance del canale agenziale

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Negli ultimi dieci anni, la normativa sull’intermediazione assicurativa ha subito profonde trasformazioni. Nel 2005, con le previsioni del titolo IX del Codice delle Assicurazioni è stata implementata, in Italia, la direttiva europea 2002/92/CE del 9 dicembre 2002 sull’intermediazione assicurativa (in seguito Imd I), seguita dal regolamento Isvap intermediari n. 5/2006. Nel 2007, l’art. 5 comma 1 della legge Bersani (d.l., 31 gennaio 2007, n. 7, convertito con l. 2 aprile 2007, n. 40), stabiliva il divieto di stipulare clausole di esclusiva nei mandati agenziali relativi ai rami danni, concepita allo scopo di incentivare (se non di imporre) la diffusione del plurimandato nella distribuzione dei prodotti danni.
In parallelo, tramite le cosiddette Faq, l’Isvap introduceva il divieto per intermediari di prima fascia (iscritti nelle sezioni A, B, D del Rui), di collaborare fra di loro, salva la cancellazione dalla sezione di appartenenza e la successiva iscrizione nella sezione E.




Di recente, con le previsioni contenute nel decreto Crescita 2.0 dell’ottobre/dicembre 2012, il legislatore, invertendo la rotta, ha sancito in modo esplicito il diritto per gli intermediari di prima fascia di collaborare fra di loro, a condizione che il cliente venga correttamente informato di tale modalità operativa.
Questa apertura, salutata con entusiasmo da parte di molti esperti, operatori, e associazioni di categoria di intermediari plurimandatari o indipendenti, ha viceversa suscitato reazioni preoccupate se non ostili, da parte delle imprese di assicurazione e degli agenti operanti in monomandato.  
Da ultimo, in questo già tribolato contesto, si è inserita l’apertura di un’indagine della Agcm diretta a verificare la legittimità dell’impiego, nei mandati di agenzia, delle clausole di fidelizzazione, mirate a incentivare la scelta dell’agente di promuovere prodotti di una sola impresa.


L'INTERVENTO DEL LEGISLATORE, LA RESISTENZA DELLE IMPRESE

In questo scenario interagiscono alcune macrodinamiche. Da un lato, vi è la spinta del legislatore comunitario che, con la direttiva Imd I (e tra breve con la sua versione aggiornata, la Imd II), si è proposto di armonizzare la figura dell’intermediario assicurativo al fine di agevolare la creazione di un effettivo mercato unico delle assicurazioni attraverso l’aumento, in termini quantitativi e qualitativi, dell’offerta di servizi assicurativi pur mantenendo un elevato grado di protezione dell’utente.
A tale dinamica si affianca l’esigenza, sentita dal legislatore italiano, di varare interventi mirati a promuovere la concorrenza nel mercato dell’offerta dei prodotti assicurativi, nell’intento di provocare una riduzione dei costi e una selezione dei prodotti a vantaggio della clientela.  




Dall’altro lato, vengono in rilievo le esigenze delle imprese, che si preoccupano che le predette innovazioni si producano in un modo sostenibile evitando il rischio di subire, in modo ingiustificato, perdite di quote di mercato dovute alla progressiva erosione delle possibilità di esercitare un controllo effettivo sull’operatività delle proprie reti distributive.   
In questo contesto, è interessante notare come, a seguito del recente riconoscimento della libertà di collaborazione tra intermediari di prima fascia, le resistenze delle imprese siano più profonde e decise di quanto non lo siano state all’indomani della introduzione della legge Bersani.
Ciò si spiega con il fatto che, mentre la conversione di un agente da monomandatario a plurimandatario (effetto Bersani) comportava svariate criticità con la mandante e pesantezze burocratiche, con l’avvento della libertà di collaborazione tra intermediari di prima fascia, l’effettivo esercizio di tale libertà si presenta molto più agevole.  
In altre parole, mentre prima gli ostacoli amministrativi e la segregazione non osmotica delle diverse sezioni del Rui fornivano un sostanziale cordone sanitario a protezione delle quote di mercato presidiate tramite la rete agenziale (sia in termini di quantità di business sia in termini di zone geografiche), adesso tale cordone si è spezzato, con la conseguente possibilità di un esponenziale sviluppo di contatti e di business tra agenti, broker e operatori di bancassurance. 

Ciò detto non si possono nemmeno ignorare le ragioni delle imprese che, dopo aver investito nella formazione, organizzazione e supervisione della propria rete, non vogliono rischiare di veder vanificati i propri sforzi perché, ai clienti del portafoglio affidato al proprio agente, vengono offerti prodotti intermediati da altri operatori con i quali lo stesso agente collabora, magari a insaputa della stessa mandante. 


RISTABILIRE LE CLAUSOLE DI ESCLUSIVA

La corretta soluzione delle questioni sopra evidenziate non consiste nel limitare la facoltà di collaborazione tra quegli intermediari che hanno deciso di svolgere la propria attività con uno status maggiormente slegato rispetto alle imprese fornitrici dei prodotti, quanto piuttosto nel chiedere al legislatore di ristabilire la facoltà di reintrodurre nei contratti di agenzia delle clausole di esclusiva*.
Del resto, in altri importanti Paesi dell’Unione Europea, le compagnie si servono di agenti collegati alla propria organizzazione aziendale. E ciò è assolutamente conforme alle poche, ma chiare, previsioni della Imd I, nell’ambito della quale:
I.  prevista espressamente la possibilità che l’intermediato sia collegato all’impresa di assicurazioni;  
II.  previsto espressamente che l’intermediario possa essere obbligato a intermediare prodotti assicurativi anche per conto di una sola impresa.

Per questi motivi, ritengo che la reintegrazione della facoltà di fruire di reti di intermediari in esclusiva non contrasti con la normativa europea e possa fornire una garanzia per le imprese di ritorno degli investimenti che vengono affrontati sia per la formazione, sia per il miglioramento delle performance della propria rete distributiva.  
Dall’altro lato, la reintroduzione della figura dell’agente in esclusiva avrebbe l’effetto di: permettere agli intermediari di scegliere se operare in autonomia e con maggior distacco dall’impresa fornitrice dei servizi assicurativi, oppure se entrare a far parte delle rete distributiva dell’impresa, con tutti i pro e i contro legati a tale scelta; eliminare in radice i motivi per i quali le imprese di assicurazione o gli agenti in monomandato dovrebbero sforzarsi di orientare le emanande previsioni regolamentari in senso restrittivo della facoltà di collaborazione tra intermediari di prima fascia.   
Questa sarebbe una soluzione lineare e conforme ai principi dettati in materia dalla normativa comunitaria del settore e, pertanto, da perseguirsi senza remore o ritardi. 
La revisione della legge Bersani è un tema alquanto delicato, ma credo che valga la pena di discuterne per far emergere soluzioni nette e funzionali piuttosto che girare intorno alle questioni senza cogliere l’essenza del problema.


Magari con il limite dell’obbligo di permettere quello che in Francia si chiama il petit courtage, ossia la possibilità di intermediare/segnalare anche prodotti non forniti dalla propria mandante, in quei casi in cui simile attività non si ponga in concorrenza con quella svolta per la mandante.

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