CPI, TRA DUBBI E CONTRADDIZIONI

Un settore in evoluzione, in cui l’analisi della regolamentazione, sempre più stringente, evidenzia quanto le polizze si collochino in un difficile punto di equilibrio tra gli interessi dei consumatori e quelli degli enti eroganti. Un terreno reso ancora più scivoloso da un momento storico particolarmente difficile per il mercato del credito

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La disciplina delle polizze assicurative a protezione del credito (Cpi), vendute in abbinamento a contratti di mutuo e finanziamento, è stata negli ultimi anni al centro di numerosi interventi dell’Ivass e del legislatore, che si sono alternati in un susseguirsi di norme non sempre tra loro coerenti, finalizzate a rendere quanto più trasparente possibile il mercato legato a questo settore a tutela dei consumatori e sollecitando la concorrenza tra gli intermediari.
    
L’evolversi di una regolamentazione sempre più stringente ha fatto emergere come le polizze Cpi si collochino in un difficile punto di equilibrio tra gli interessi dei consumatori e quelli degli enti eroganti, specialmente in un momento storico particolarmente difficile per il mercato del credito. 
La posizione di “forza contrattuale” dell’ente creditizio ha rischiato in alcuni casi di tradursi in situazioni di possibile disequilibrio, anche in funzione del livello provvigionale particolarmente elevato che le Cpi presentano ove intermediate dagli istituti di credito stessi, rispetto a quando distribuite tramite i canali tradizionali.
Vediamo, in estrema sintesi, l’evoluzione della disciplina di settore a oggi vigente.


IL TEMA DELLE PRATICHE SCORRETTE

Fatto salvo l’aspetto certamente più controverso, rappresentato dall’intervento dell’Ivass in materia di conflitto di interesse, che non sarà affrontato in questa sede1, si rileva come l’attenzione della Vigilanza con riguardo ai profili commissionali delle Cpi era già evidente dalla prima stesura del Regolamento 35/2010 che, solo per questi prodotti prevede un obbligo di disclosure delle provvigioni percepite dagli intermediari.
Un’ulteriore linea di interventi ha poi coinvolto il legislatore primario. 
Si registra in primis l’introduzione nel Codice del consumo, con l’art. 36-bis del dl n. 201/2011 (decreto salva Italia), di una nuova pratica commerciale scorretta: risulta illegittima la condotta dell’ente finanziatore che, ai fini della stipula di un contratto di mutuo, obblighi il cliente alla sottoscrizione di una polizza erogata dal medesimo ente.
Poco dopo, l’art. 28 del dl n. 1/2012 (decreto liberalizzazioni), ha previsto che gli enti finanziatori, se condizionano l’erogazione del mutuo immobiliare o del credito al consumo alla stipula di una polizza sulla vita ovvero all’apertura di un conto corrente presso il medesimo ente, sono tenuti a sottoporre al cliente almeno due preventivi di due differenti gruppi assicurativi terzi.
Dalla lettura combinata delle disposizioni richiamate emergono diversi dubbi circa la loro possibile sovrapposizione o contraddittorietà. A detta di alcuni, l’art. 28 sembrerebbe legittimare, pur sottoponendolo alla presentazione di una pluralità di preventivi, quel condizionamento dell’erogazione del finanziamento alla sottoscrizione di una polizza vita che l’art. 36 annovererebbe invece come pratica commerciale scorretta.  
Pur riconoscendo l’imprecisione terminologica del legislatore, ad avviso di chi scrive le norme perseguono finalità diverse. Se l’art. 28, non mette in dubbio la possibilità di subordinare il finanziamento alla sottoscrizione di una polizza vita, ma tende a favorire la concorrenza imponendo all’ente erogatore del mutuo o del credito al consumo di offrire massima libertà e trasparenza al cliente nella scelta del prodotto, l’art. 36-bis fa riferimento al solo caso in cui l’obbligo imposto dall’ente creditizio si estenda alla sottoscrizione di polizze (sia vita sia danni) dallo stesso intermediate.
Un secondo dubbio è poi sorto con riguardo al fatto che l’Ivass, in maniera tranchant, ritiene che l’obbligo di sottoporre al cliente almeno due preventivi di due differenti gruppi assicurativi faccia riferimento non solo ai casi di legami partecipativi tra il gruppo assicurativo e l’ente erogante, ma anche ai casi di meri legami commerciali quali, ad esempio, gli accordi di distribuzione. A commento, da un punto di vista operativo, non si comprende come l’ente erogante possa venire in possesso delle condizioni di preventivazione di imprese con le quali lo stesso non abbia in corso precisi accordi di distribuzione. 


A FAVORE DELLA PORTABILITA' DEL MUTUO

È infine utile citare come l’art. 49 del Regolamento Isvap 35/2010 sia stato trasposto in una fonte primaria. Il dl n. 179/2012 (decreto crescita 2.0) all’art. 22, commi 15-quater e s.s., ha previsto che nei contratti di assicurazione a premio unico connessi a mutui e finanziamenti le imprese, in caso di estinzione anticipata o di trasferimento del mutuo/finanziamento, restituiscano la parte di premio pagato e non goduto, potendo trattenere le sole spese amministrative esplicitate al cliente in via preventiva e tali da non costituire un limite alla portabilità. 
In conclusione, appare chiaro come la materia delle Cpi sia ancora piuttosto disorganica. La previsione di disposizioni spesso scarsamente sistematiche ha creato una procedura distante dalle logiche di mercato, che molti lamentano impedire l’operatività degli intermediari del credito.


1 La versione completa dell’articolo è disponibile sul nostro sito www.insurancetrade.it (sezione osservatorio/normativa)

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