LA TRASPARENZA NON BASTA, SERVE L’ADEGUATEZZA

Le compagnie devono ancora fare molta strada per rendere veramente chiare le clausole dei contratti. Tecnicismi, esclusioni, ambiguità rendono i prodotti assicurativi ancora difficilmente intellegibili ai non addetti ai lavori

LA TRASPARENZA NON BASTA, SERVE L’ADEGUATEZZA
Il principio universale di libertà contrattuale, come ci ha insegnato qualificata dottrina (Alpa), non deve essere mitizzato. Oggi, più che parlare di libertà contrattuale, bisogna parlare dei suoi limiti, perché una libertà senza frontiere presupporrebbe un’eguaglianza sociale ed economica tra le parti contraenti che non esiste nella realtà, se non nei rapporti tra grandi imprese.
In molti settori, tra cui quello bancario e assicurativo, prevale, dunque, la normatività sulla libertà contrattuale. E, in effetti, negli ultimi trent’anni, la disciplina del contratto in generale è stata penetrata da numerose regole, molte delle quali di fonte comunitaria, intese a presidiare la trasparenza del regolamento e delle relazioni negoziali nonché l’interesse di categorie protette (i consumatori, i risparmiatori, gli assicurati ecc.). 
A tale scopo, in queste norme, particolare rilievo è stato dato ai requisiti di chiarezza e semplificazione del regolamento contrattuale, così da evitare che l’opacità del contratto renda difficile l’acquisizione dei relativi contenuti da parte dei paciscenti.
La trasparenza è la ratio che ha informato anche la disciplina dei contratti assicurativi.

C’È ANCORA STRADA DA FARE

Basta riandare, in primis, alla normativa prevista dal Codice delle assicurazioni del 7 settembre 2005, n. 209 (e successive modificazioni e integrazioni da ultimo apportate con il decreto legislativo 74 del 2015 di recepimento della direttiva CE 138 del 2009, Solvency II) per avere certezza di tale assunto.
Tra le disposizioni generali, ricordiamo, ad esempio, che l’articolo 166 fissa i criteri di redazione dei contratti di assicurazione, ai sensi del quale: il contratto e ogni altro documento consegnato dall’impresa al contraente va redatto in modo chiaro ed esauriente (comma 1); le clausole che indicano decadenze, nullità o limitazioni delle garanzie ovvero oneri a carico del contraente o dell’assicurato sono riportate mediante caratteri di particolare evidenza (comma 2).
Si tratta di una regola di portata generale che si applica al contratto di assicurazione e inoltre a “ogni altro documento consegnato dall’impresa al contraente”: riguarda, quindi, il contenuto del contratto in senso stretto, le condizioni generali di polizza, il formulario, la nota informativa, il prospetto informativo, le quietanze. In una prospettiva ancora più ampia, la norma è stata riferita all’intera attività precontrattuale posta in essere dall’assicuratore o dall’intermediario.
I contratti e i documenti in questione debbono, dunque, essere redatti secondo i criteri della chiarezza e dell’esaustività, al fine di offrire un testo trasparente e completo nello stabilire e descrivere le prestazioni dovute dalle parti.
Anche se questa disposizione dovrebbe consentire all’assicurato di trovarsi di fronte a un regolamento contrattuale più intelligibile, molta strada deve essere ancora compiuta dalle compagnie per rendere veramente chiare le clausole dei contratti assicurativi. Spesso l’elevato grado di tecnicismo o l’elevato numero di esclusioni dopo aver affermato che tutto è coperto, rende i prodotti assicurativi difficilmente comprensibili ai non addetti ai lavori.

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LE INIZIATIVE DI IVASS E DI ANIA

Consapevole di tale situazione, l’Ivass, proprio al fine di tutelare gli utenti per assicurare la chiarezza e la semplificazione dei contratti assicurativi, ha sollecitato più volte il mercato a una profonda revisione delle clausole contenute nei contratti assicurativi, perché la gestione da parte dell’Istituto di vigilanza, dei reclami degli assicurati, aveva messo in luce “come un frequente motivo di insoddisfazione della clientela derivasse dal fatto che le clausole contrattuali non sono sempre chiare e univoche, soprattutto in tema di garanzie (coperte) ed esclusioni. Sovrapposizioni e ridondanze e un linguaggio non sempre comprensibile ostacolano la comprensione del prodotto da parte dell’assicurato e possono essere fonte di conflitto in caso di sinistro”.
Per rendere più chiari i contratti, recependo le sollecitazioni dell’Ivass, come è noto, l’Ania ha coordinato un tavolo tecnico, cui hanno aderito le principali associazioni dei consumatori e associazioni di categoria degli intermediari. Il tavolo, nel febbraio del 2018, ha prodotto un documento finale che contiene le Linee guida del tavolo tecnico Ania – Associazioni consumatori – Associazioni intermediari relative alla struttura e al linguaggio dei contratti.

LA STRUTTURA IDEALE DEL CONTRATTO

Tale documento è stato sottoposto all’esame dell’Ivass e poi diramato unitamente alla lettera al mercato, nella quale l’Istituto ha sottolineato l’importanza “che le società di assicurazione aderiscano alle predette linee guida e diano quanto prima progressiva attuazione alle stesse, procedendo alla redazione e revisione dei contratti secondo una tempistica che tenga conto di criteri di proporzionalità e significatività”.
Il documento redatto dal tavolo tecnico si concentra su profili generali relativi al contratto e sulla sua struttura, senza alcun esame del merito e del contenuto delle previsioni contrattuali (per salvaguardare elementi che rientrano nella libertà contrattuale di ogni singola impresa), e individua una struttura ideale del contratto di assicurazione.
Richiamando quanto statuito dall’articolo 166, comma 2, Codice delle assicurazioni, il documento individua quali clausole necessitano di essere riportate con caratteri di particolare evidenza: ovvero, le clausole onerose (ex articolo 1341 del Codice civile) e vessatorie (ex articolo 33 Codice del consumo); le clausole che recano le esclusioni e le condizioni di assicurabilità; le clausole che dispongono, in generale, obblighi di comportamento a carico del contraente o dell’assicurato (ad esempio, la presentazione di particolare documentazione ai fini della liquidazione del sinistro).

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UNO STANDARD PIÙ ELEVATO

Al fine di una concreta ed effettiva consapevolezza da parte dell’utente, le condizioni contrattuali devono essere espresse in modo chiaro e trasparente, con una piena corrispondenza tra la rubrica e il contenuto dell’articolo; viene, inoltre, consigliato l’utilizzo di note esplicative (prive di valore contrattuale) che dettaglino l’operatività della clausola contrattuale. 
Entrando nel nucleo delle linee guida, particolare attenzione viene dedicata alla struttura contrattuale, nell’ottica di fornire ai clienti un’informazione corretta, chiara ed esauriente che agevoli la comprensione delle caratteristiche, dei rischi e dei costi dei prodotti assicurativi. 
Bisogna riconoscere che le compagnie hanno elevato lo standard contrattuale delle polizze anche sotto il profilo della chiarezza ma, come è stato rilevato sopra, è necessario uno sforzo ulteriore in questo ambito  per rendere il regolamento negoziale veramente chiaro e comprensibile.
È doveroso ricordare anche molti regolamenti dell’organo di vigilanza recanti disposizioni in materia di informativa, pubblicità e realizzazione di prodotti assicurativi. Tra questi, il regolamento Isvap 35 del 2010 e il regolamento Ivass 41 del 2018.

TRASPARENZA, COSA DICE LA GIURISPRUDENZA

L’orientamento della giurisprudenza comunitaria è molto severo con le compagnie in relazione agli obblighi di trasparenza a carico delle stesse.
Basti richiamare la decisione del 23 aprile 2015 con la quale la Corte di giustizia europea, nella causa 96/14, Jean-Claude Van Hove contro Cnp Assurances, ha chiarito che le clausole riguardanti l’oggetto principale di un contratto assicurativo possono essere considerate redatte in modo chiaro e comprensibile non soltanto se chiare e grammaticalmente corrette, ma anche, e soprattutto, se espongono in modo preciso e trasparente il funzionamento concreto del meccanismo di assicurazione, tenuto conto dell’insieme contrattuale nel quale si inseriscono. 
La valutazione della trasparenza e della chiarezza della clausola deve essere effettuata, dunque, con riferimento all’economia generale del contratto, avendo riguardo della possibilità per il consumatore medio di comprendere, sulla base di criteri precisi e intelligibili, il funzionamento del meccanismo cui la clausola si riferisce.

COSA RISCHIANO LE COMPAGNIE

Sul tema della chiarezza e della trasparenza del testo contrattuale, anche la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha precisato i rischi che incombono sulle compagnie che non rispettano tali principi. La sentenza 668 della Cassazione civile, sezione III, del 18 gennaio 2016, ad esempio, ha: a) evidenziato che, in tema di contratti assicurativi, l’inequivoca chiarezza è imposta dal secolare obbligo diuberrima bona fides gravante su entrambe le parti: espressione di tale obbligo erano, originariamente, gli articoli 1175 e 1375 del Codice civile, ai quali si è affiancato successivamente l’articolo 166 Codice delle assicurazioni; b) precisato che, in presenza di clausole polisenso, è inibito al giudice attribuire a esse un significato pur teoricamente non incompatibile con la loro lettera, senza prima ricorrere all’ausilio di tutti gli altri criteri di ermeneutica previsti dalla disciplina del Codice civile. 
In particolare, la Suprema Corte ha affermato che “se dunque i compilatori della polizza (…) unilateralmente predisposta, adottano soluzioni lessicali incerte o ambigue, imputent sibi, resta fermissimamente escluso che possano ricadere sull’assicurato le conseguenze della modestia letteraria o dell’insipienza scrittoria dell’assicuratore”.

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IL RUOLO DELLA BUONA FEDE

Ecco un recente principio enunciato dalla Corte di legittimità, con la sentenza 15598 del 2019.
Premesso che “la previsione del requisito formale previsto dall’articolo 166 dlg 209 del 2005 (...) non amplia l’elenco delle clausole vessatorie, ma normativizza in via generale la esigenza del requisito di leggibilità delle clausole (che viene ora tipizzato a formalizzato) già in precedenza diffusamente considerato dalla giurisprudenza di legittimità (…) e che deve sussistere tanto agli effetti della prova della conoscenza o conoscibilità delle clausole standard non onerose (articolo 1341, comma 1, del Codice civile), quanto delle altre clausole vessatorie (articolo 1341, comma 2, del Codice civile)”, in ordine alle conseguenze della violazione della norma de qua, la sentenza in esame evidenzia che “il legislatore del Codice delle assicurazioni private (dlg 209 del 2005) non ha previsto una autonoma disciplina delle conseguenze giuridiche della inosservanza delle prescrizioni formali disposte dall’articolo 166, commi 1 e 2 del decreto legislativo 209 del 2005, che devono, quindi, individuarsi alla stregua della disciplina del Codice civile, giusta il rinvio disposto dall’articolo 165 del medesimo decreto legislativo. Orbene, in assenza di una espressa comminatoria di nullità, del contratto o della clausola negoziale, ipotesi che ricorre nel caso in cui la clausola non sia vessatoria o pur se onerosa non ricada – per non essere contenuta in Cgc o in contratti standard – nella disciplina degli articoli 1341 e 1342 del Codice civile, la inosservanza della prescrizione formale, in quanto violazione di una regola di condotta, non può che dare luogo al risarcimento del danno per lesione della buona fede, potendo integrare una responsabilità precontrattuale, con conseguenze risarcitorie ove dette violazioni avvengano nella fase antecedente o coincidente con la stipulazione del contratto, ovvero una responsabilità contrattuale che può eventualmente condurre alla risoluzione del contratto, ove le violazioni riguardino le ulteriori attività esecutive delle disposizioni contrattuali”. 

IL DOVERE ALL’ADEGUATEZZA

Un contratto assicurativo, dunque, nel rispetto della clausola generale di buona fede che, ormai, è divenuto un elemento cardine dell’ordinamento giuridico, deve essere (oltre che adeguato) anche chiaro e trasparente.
Come ha ben evidenziato Maurizio Hazan in un articolo del 2019 pubblicato su Insurance Trade, il contratto assicurativo deve essere poi anche giusto quale benchmark di riferimento al quale ancorare la responsabilità dell’assicuratore e dell’intermediario. 
Il contratto assicurativo oggi deve, dunque, offrire garanzie effettive, deve essere adeguato alle concrete esigenze dell’assicurato e deve utilizzare un linguaggio chiaro e comprensibile anche a chi non sia un giurista, come espressione del criterio generico di buona fede che rappresenta un limite all’autonomia privata, e che non è più solo una regola di responsabilità ma una regola di validità del contratto o di quelle sue clausole che non rispettano anche la chiarezza e la trasparenza.

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