RIFLESSIONI SUL DISEGNO DELL’ARBITRO ASSICURATIVO

Potrebbe essere imminente il varo dello strumento alternativo di arbitrato delle controversie annunciato da Ivass. Le bozze dello schema di decreto per ora a disposizione forniscono una descrizione che lascia spazio a qualche considerazione sulla validità e sull’autorevolezza della soluzione descritta

RIFLESSIONI SUL DISEGNO DELL’ARBITRO ASSICURATIVO
A quanto riferito dai vertici dell’Ivass in occasione di recenti convegni e interviste, sembra di capire che, a breve, l’istituto sarà in grado di far partire lo strumento dell’arbitro assicurativo, chiamato con l’acronimo di Aas. 
Le caratteristiche definitive di questo strumento di Adr (Alternative dispute resolution, risoluzione alternativa delle controversie) non sono al momento note, tuttavia nel marzo 2021 una bozza di schema di decreto ministeriale era stata diffusa alle principali associazioni di categoria del settore e, pertanto, su di essa baserò la mia analisi, focalizzando l’attenzione su alcuni aspetti critici di indubbia rilevanza. 

FORMA DI ADR PRESCELTA E IDONEITÀ A RISOLVERE LE CONTROVERSIE 

L’intenzione dei redattori dello schema di decreto ministeriale è chiaramente quella di estendere alla materia assicurativa strumenti di Adr simili a quelli previsti per le controversie in campo bancario (Abf) o finanziario (Acf), sennonché, a mio modo di vedere, questo approccio riflette un primo fondamentale errore di prospettiva. 
E invero, nell’operare tale scelta non sembra si sia riflettuto sul fatto che, nelle dispute aventi a oggetto contratti assicurativi (non vita), le problematiche e i conflitti che possono sorgere nei rapporti con i clienti non dipendono solo dalle modalità con cui viene eseguito il contratto che il fornitore di servizi professionali ha stipulato con il cliente, il quale solitamente ha a oggetto il trattamento e l’amministrazione delle risorse economiche di quest’ultimo, ma dipendono dal verificarsi di eventi dannosi che colpiscono un bene della vita dell’assicurato e che sono al di fuori del controllo dell’impresa assicuratrice. Sicché, quando l’impresa si determina a negare l’indennizzo, sovente non lo fa perché si oppone all’adempimento o alla corretta esecuzione del contratto che ha rilasciato, ma, anzi, intende affermare che il proprio contratto non opera nella situazione concreta, stante la particolarità della fattispecie che si rivela estranea all’ambito del rischio dedotto in garanzia, il tutto nell’ottica di prudenziale gestione tecnica del business assicurativo. 
In questo contesto, da un lato, l’assicurato ha un forte interesse a veder reintegrato il danno subito, dall’altro può ingenerarsi un legittimo interesse dell’impresa a non conformarsi al lodo del collegio, in quanto l’interpretazione del contratto fornita da tale consesso (peraltro di dubbia o non equilibrata composizione, come meglio spiegato infra) potrebbe essere ritenuta profondamente errata e correggibile in sede giudiziaria. 
Inoltre, proprio per il fatto che il cliente, in conseguenza del sinistro, si trova a subire danni che colpiscono i più diversi beni della vita e non solo la gestione del proprio patrimonio liquido, uno strumento di Adr a carattere valutativo/decisorio, ma non vincolante, non è la forma più efficace per risolvere la controversia e attuare una vera deflazione del contenzioso. 

COMPOSIZIONE DEI COLLEGI ARBITRALI E OBBLIGO DI CONFORMARSI AL LORO GIUDIZIO

La bozza di decreto ministeriale prevede che la nomina dei membri dei collegi arbitrali sia improntata a due criteri: uno correlato agli interessi portati dal soggetto o dalla categoria di operatori che ne propone la nomina, l’altro basato su requisiti di indipendenza e professionalità che necessariamente la persona prescelta deve possedere. 
Quanto al primo criterio, si prevede che dei cinque membri del collegio arbitrale, tre (ossia il presidente e due membri) siano scelti da Ivass, e i restanti due siano nominati, uno dalle associazioni maggiormente rappresentative delle imprese di assicurazione o degli intermediari o delle banche, e l’altro dal Consiglio nazionale dei consumatori ex art.136 del Codice del consumo, oppure dalle associazioni di categoria cui appartiene il cliente istante, se non consumatore. 
Riguardo ai requisiti di indipendenza e professionalità, si prevede che i membri del collegio arbitrale debbano possedere caratteri di indiscussa indipendenza e professionalità, lasciando comunque spazio alla nomina di soggetti che abbiano avuto esperienza lavorativa presso operatori del mercato (dirigenti o dipendenti di imprese, intermediari o loro associazioni rappresentative) e financo consulenti di tali associazioni, purché non inseriti nell’organizzazione aziendale di questi enti. 
Una simile composizione del collegio arbitrale non pare idonea a garantirne caratteri di indipendenza, autorevolezza e affidabilità tali da giustificare un correlativo obbligo delle imprese e degli intermediari a conformarsi alle decisioni emesse da un simile organismo. 
E invero, il fatto che ben tre componenti su cinque (fra cui il presidente) siano scelti da Ivass, fa sì che le decisioni siano adottate con una maggioranza di voti precostituita e incline a risolvere il caso in stretta applicazione delle regole di compliance dettate di tempo in tempo dall’Ivass, anziché sulla base di una corretta applicazione delle norme sostanziali regolanti la fattispecie dedotta nel caso concreto. 
Ancora più squilibrata rischia di rivelarsi la composizione del collegio nei casi in cui la controversia coinvolga anche un intermediario, posto che il membro nominato dagli operatori del mercato è solo uno, nonostante che, come noto, in caso di miss-selling, il ruolo e gli interessi delle imprese, degli intermediari assicurativi e di quelli bancari si trovino sovente in conflitto fra di loro. 
Quanto alla professionalità del collegio, la possibilità che vengano scelti come membri del collegio arbitrale anche persone che hanno operato, a vario titolo e a vari livelli, all’interno dell’organizzazione aziendale di una impresa, o di un intermediario, o in una associazione di categoria, sebbene possa assicurare una certa dose di esperienza, non garantisce tuttavia una preparazione professionale e un’equidistanza che permetta di rendere una decisione giusta nel caso concreto. 
In presenza di queste criticità, ritengo che costituisca una innaturale forzatura l’imporre a imprese e intermediari di conformarsi alla decisione dell’arbitro assicurativo, sotto pena di pubblicare nei rispettivi registri tenuti dall’Ivass la menzione della mancata ottemperanza alla decisione di tale collegio.
È infatti prevedibile che tanto le imprese quanto gli intermediari possano trovarsi a dover ottemperare a decisioni rese in base a valutazioni non equilibrate e, con tutta probabilità, non perfettamente attinenti al caso concreto (che nemmeno si può far accertare a mezzo audizione testi o perizie d’ufficio) e che, qualora costituenti un precedente, potrebbero creare rilevanti disfunzioni nella gestione del ramo assicurativo cui appartiene il prodotto oggetto della controversia. 



CONTROVERSIE CHE POSSONO DEVOLVERSI ALL’ARBITRO ASSICURATIVO

Dalla competenza dell’Aas risultano escluse le controversie che necessitano di attività istruttoria o accertamenti tecnici d’ufficio, potendo essere risolti solo i casi che si basano su evidenze documentali. 
Tale esclusione rende poco utile lo strumento in oggetto, in quanto taglia fuori gran parte delle controversie in campo assicurativo in cui è fondamentale svolgere attività istruttoria o di valutazione di dati tecnici da parte di un esperto d’ufficio. 
Ulteriore importante esclusione è quella basata sul valore delle controversie: possono infatti essere portate avanti all’Aas controversie di valore non eccedente i 200 mila euro se aventi a oggetto contratti di assicurazione sulla vita o finanziario-assicurativi; sino a 2.500 euro per i contenziosi Rc Auto e sino a 25 mila per controversie inerenti tutti gli altri rami danni. 
È quindi legittimo ipotizzare che, in vigenza del nuovo strumento di Adr, venga promossa una serie cospicua di procedure arbitrali per sinistri Rc auto con danni a cose o a persone di lieve entità (il danno al cosiddetto parafango o il fatidico colpo di frusta), in esito alle quali le imprese potranno ricevere inviti a pagare somme modeste, liquidate equitativamente, anche in casi nei quali, portando la lite in giudizio, vi siano ragionevoli aspettative che venga scoperta una frode o non si raggiunga una prova rigorosa dell’evento e delle sue reali conseguenze dannose. Il che non appare molto funzionale a raccogliere l’accettazione delle decisioni arbitrali in questa materia da parte delle imprese, né a promuovere una efficace deflazione del contenzioso nel campo della Rc auto. 
A tacere poi del fatto che, secondo la bozza di decreto ministeriale, i predetti limiti di valore delle controversie di competenza dell’Aas potranno essere modificati dalle norme attuative del decreto, il che, soprattutto in caso di aumento dei valori delle liti, potrebbe rendere ancora più preoccupante tutto l’assetto di questo Adr in campo assicurativo e potrebbe rappresentare per le imprese, ma soprattutto per gli intermediari, un’ulteriore difficoltà ad adeguarsi alle decisioni dei collegi. 

IN CONCLUSIONE

Concludendo, mi sembra di poter dire che, salvo radicali modifiche del testo del decreto ministeriale che sta per essere emanato, il sistema dell’Aas non sembra molto adatto alla risoluzione in modo alternativo di controversie assicurative, in quanto: 
• le controversie in materia di assicurazione danni conoscibili dall’Aas non debbono richiedere l’accertamento di fatti tramite audizione di testi o accertamenti tecnici tramite perizie d’ufficio, mentre è noto che il contenzioso assicurativo nei rami danni spesso richiede l’esperimento di una istruttoria o la valutazione di questioni tecniche tramite ricorso all’opinione di esperti; 
• vi è un’alta probabilità che le imprese e gli intermediari, per ragioni tutt’altro che futili, finiscano per trovarsi in serie difficoltà a ottemperare al giudizio reso dal collegio; 
• l’Aas, quale forma di Adr valutativa e decisoria, ancorché non vincolante, non sembra essere un efficace strumento per conseguire una effettiva deflazione del contenzioso assicurativo. 



Per parte mia, sono convinto che, qualora la scelta di creare un arbitro assicurativo come forma di Adr dedicata alle controversie in materia assicurativa sia ormai irreversibile, sarebbe auspicabile che il collegio fosse composto da tre membri dei quali uno (il presidente) scelto da Ivass e gli altri due vengano scelti tra persone appartenenti al mondo accademico-scientifico o della professione legale, e siano selezionati tramite procedure a evidenza pubblica anche semplificata. 
Questa composizione dei collegi arbitrali, fondata sulle qualità e professionalità dei suoi membri anziché su di un preteso bilanciamento della rappresentatività degli interessi di alcuni stakeholder, sarebbe senz’altro più idonea a garantire l’indipendenza e la competenza necessarie a risolvere le controversie in modo alternativo e con la proposta di decisioni che sarebbero, verosimilmente, ritenute accettabili dai contendenti, pur sempre sotto la supervisione dell’istituto di vigilanza.
Ma più in generale, ai fini di assicurare una reale ed efficace deflazione del contenzioso assicurativo, credo che si dovrebbero implementare norme mirate a incentivare i clienti, le imprese e gli intermediari a risolvere le controversie con le seguenti modalità alternative al ricorso alla giustizia: 
• per le liti di valore più modesto: partecipare a procedure di mediazione/conciliazione nelle quali il mediatore, qualora non si giunga a una conciliazione, elabori una proposta di soluzione della controversia che le parti possano accettare o respingere, ma che venga allegata al verbale ed esibita al giudice nell’eventuale successivo contenzioso (si tenga presente che questa modalità è già inserita nelle riforme al procedimento di mediazione di prossima attuazione);
• per le controversie di valore più consistente: proporre a imprese e intermediari di partecipare a una procedura di arbitrato avanti a una camera arbitrale amministrata, che renda decisioni vincolanti sul caso e che offra garanzie di esperienza, comprovata organizzazione e indipendenza, quali la Camera Arbitrale di Milano, o presso altre camere di commercio, oppure presso gli Ordini degli avvocati, con tariffe opportunamente calmierate (se dal caso a mezzo di appositi sussidi ministeriali), con la previsione che, qualora l’impresa o l’intermediario non intendano aderire alla procedura arbitrale, il giudice possa far gravare in capo a tali soggetti le spese di lite sopportate dall’attore.

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