SE IL PREMIO È INCASSATO IN RITARDO

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affermato che non è indennizzabile il sinistro avvenuto dopo lo spirare del termine previsto dall’articolo 1901 c.c., a nulla rilevando che l’assicuratore abbia accettato senza riserve il pagamento tardivo del premio

SE IL PREMIO È INCASSATO IN RITARDO
Autore: Pasquale Picone, studio legale THMR Numero Review: 104 Pagina: 12-13
La Suprema Corte è tornata ad affrontare il tema della sospensione dell’assicurazione, incentrando la riflessione sugli effetti dell’accettazione senza riserve del pagamento tardivo del premio da parte dell’assicuratore, e offrendo degli spunti utili per parametrare sul punto il rischio di sanzioni da parte dell’Istituto di vigilanza.
Con la sentenza n. 6480 del 3 marzo scorso, la Corte di Cassazione afferma che la mera accettazione del premio pagato in ritardo non può costituire di per sé una rinuncia tacita a eccepire la sospensione della garanzia assicurativa prevista dall’articolo 1901 c.c., non trattandosi di un comportamento dimostrativo di una inequivoca volontà in tal senso.
Il caso riguardava la richiesta di risarcimento danni avanzata da un utente della strada nei confronti di una amministrazione provinciale per un sinistro avvenuto a causa delle cattive condizioni del manto stradale. In primo grado si costituì l’ente proprietario della strada, chiamando in causa il proprio assicuratore della responsabilità civile. Il primo giudice accolse la domanda dell’attore ma rigettò la chiamata di garanzia formulata dalla Provincia in quanto quest’ultima aveva tardivamente pagato il premio assicurativo e il sinistro, invece, si era verificato nel momento in cui l’ente era privo di copertura assicurativa. La decisione veniva appellata dalla Provincia e la corte di appello riformava il punto della sentenza attinente al rapporto assicurativo, rilevando che il pagamento tardivo del premio era stato accettato dall’assicuratore senza riserve, ingenerando così nella Provincia il legittimo affidamento che l’assicuratore avrebbe pagato tutti i sinistri avvenuti durante quella annualità.

IL PRINCIPIO DI COMUNIONE DEI RISCHI 

Con l’arresto in esame, a firma di Marco Rossetti, i giudici della Suprema Corte abbandonano definitivamente quell’orientamento (cfr. Cass. Civ. sentenza n. 27132/2006) che pretendeva di estendere sic et simpliciter il secondo comma dell’articolo 1460 c.c. – relativo all’impossibilità di sollevare l’eccezione di inadempimento contrattuale quando questa sia contraria a buona fede – all’ipotesi prevista dall’articolo 1901 c.c..
Quell’orientamento, infatti, riteneva che l’assicuratore che aveva accettato senza riserve il pagamento tardivo del premio non potesse invocare la sospensione dell’assicurazione, ex articolo 1901 c.c., essendo questa una condotta contraria a buona fede.
Gli ermellini hanno ritenuto di non poter dar continuità all’orientamento per due ordini di ragioni: in primis, a causa dell’erroneità dei presupposti su cui si fondava; in secondo luogo, per gli esiti paradossali a cui tale teoria conduceva. 
Per ciò che attiene al primo punto, la Corte di Cassazione ha ricordato, richiamando un arresto della Corte Costituzionale (sentenza n. 18/1975), che il contratto assicurativo si fonda sul cosiddetto principio di comunione dei rischi: l’equilibrio tecnico ed economico alla base del contratto di assicurazione non si realizza, infatti, nell’ambito del singolo rapporto contrattuale ma fra la totalità dei rischi assunti dall’assicuratore e la totalità dei premi dovuti dagli assicurati. In virtù di tale meccanismo, l’assicuratore quando assume su di sé l’alea del pagamento dell’indennizzo deve essere messo in condizione di poter contare sul puntuale versamento dei premi alle scadenze pattuite da parte di tutti gli assicurati; proprio su tali previsioni di pagamento l’impresa dovrà costituire le riserve tecniche calcolate per adempiere i propri obblighi. È proprio attraverso tali incassi, infatti, che l’impresa potrà costituire le garanzie imposte dalla legge a tutela degli assicurati.
Quindi, ritiene la Corte, il mancato pagamento di un premio da parte di un assicurato non turba il singolo rapporto contrattuale ma l’intero meccanismo su cui riposa il principio della comunione dei rischi. Insomma, è economicamente necessario che in caso di mancato pagamento il contratto di assicurazione resti sospeso non potendo l’assicuratore supportare rischi per i quali non ha incassato il relativo premio.
Né si può sostenere, alla luce del ricordato arresto della Consulta, che l’articolo 1901 c.c. consenta all’assicuratore, ad libitum, e senza conseguenze alcune, di scegliere se indennizzare o meno i sinistri avvenuti nel periodo di carenza.
L’articolo 1901, infatti, ha proprio lo scopo di garantire l’equilibrio tecnico-economico tra premi e rischi; l’impresa assicurativa che rinunciasse a far valere la carenza di copertura, sostiene la Corte, terrebbe addirittura una condotta apertamente contraria al dovere di sana e prudente gestione di cui all’articolo 3 del Codice delle Assicurazioni, tanto da esporsi al rischio di sanzioni da parte di Ivass. Questo perché nel contratto di assicurazione il premio versato dall’assicurato costituisce solo in minima parte la remunerazione dell’assicuratore (il cosiddetto caricamento); la restante parte (il cosiddetto premio puro) costituisce la provvista destinata ad alimentare la riserva fortemente voluta dal legislatore a tutela della massa degli assicurati.

TRE EFFETTI PARADOSSALI

Per ciò che attiene al secondo aspetto, infine, i giudici della Suprema Corte affermano che se si ritenesse che l’accettazione da parte dell’assicuratore del pagamento tardivo del premio senza riserve comporti sempre e comunque una tacita rinuncia a far valere l’inefficacia della polizza si perverrebbe a effetti paradossali: in primis,  l’articolo 1901 c.c. perderebbe di significato in quanto in caso di pagamento tardivo il contratto produrrebbe i suoi effetti ex tunc; inoltre, l’assicuratore sarebbe esposto a una alternativa non prevista dalla legge, vale a dire che se vuole continuare il contratto dovrà necessariamente indennizzare i sinistri avvenuti durante il periodo di scopertura; infine, si introdurrebbe a carico dell’assicuratore un onere non previsto da nessuna norma, ossia quello di dichiarare apertamente – in caso di incasso tardivo del premio – di non voler pagare i sinistri avvenuti nel periodo di scopertura.
Il percorso motivazionale offerto dalla Suprema Corte si conclude con il seguente principio di diritto: non è indennizzabile il sinistro avvenuto dopo lo spirare del termine previsto dall’articolo 1901 c.c., a nulla rilevando che l’assicuratore abbia accettato senza riserve il pagamento tardivo del premio.

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