UNITI NEL PREVENIRE I REATI

Un allineamento delle linee guida 231 di categoria consentirebbe di adottare misure omogenee a favore di una più efficace politica di gruppo per la prevenzione e il controllo dei rischi. Per trovare un terreno di condivisione, Febaf e The Adam Smith Society hanno riunito, a Roma, le associazioni di imprese

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👤Autore: Laura Servidio Review numero: 9 Pagina: 48 - 50
Il disallineamento delle linee guida di categoria, in tema di responsabilità amministrativa 231 – derivante dal d.lgs 231/2001 che estende alle persone giuridiche la responsabilità per reati commessi, in Italia e all’estero, da persone fisiche che operano per società ed enti – può causare impatti problematici nei processi interni di gruppi di imprese miste. 

È quanto emerso nel corso del convegno La responsabilità amministrativa nelle banche, nelle assicurazioni e nella finanza: ruolo delle associazioni, linee guida 231 e possibili sviluppi, organizzato a Roma da Febaf e The Adam Smith Society, per trovare un terreno di condivisione nell’ideazione del modello da adottare.

“Le linee guida – spiega Alessandro De Nicola, presidente The Adam Smith Society – rappresentano un importante punto di riferimento ai fini della costruzione di un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire la commissione dei reati indicati nel d.lgs. 231/2001”. Uno strumento fondamentale che va, però, armonizzato: se le linee guida sono uniformi nell’iter che il sistema di prevenzione della Responsabilità 231 deve seguire (analisi delle aree a rischio reato, individuazione dei possibili illeciti, verifica dei controlli e delle procedure operative, regolazione dei flussi informativi, creazione di un Organismo di vigilanza, Odv, che verifichi l’idoneità del modello e la sua effettiva adozione, previsione di un sistema di flussi informativi da e verso l’Odv e di un sistema disciplinare), non si può dire lo stesso su altri temi. 

Si pensi, ad esempio, al tema della rilevanza 231 dei soggetti esterni. “Abi sostiene che le banche non siano tenute a garantire il rispetto del modello da parte di soggetti esterni (liberi professionisti) che agiscono nell’interesse dell’ente, ciò in considerazione della totale autonomia degli stessi rispetto all’ente e della mancanza di una sottoposizione alla direzione di quest’ultimo; Ania è, invece, dell’opinione che, ai fini della responsabilità amministrativa degli enti, sia potenzialmente rilevante anche la posizione di questi ultimi, con relativa raccomandazione di normare le sanzioni conseguenti a violazioni del modello all’interno del contratto che disciplina il rapporto con l’ente”. 
Traducendo questa difformità in un esempio pratico, si pensi “al caso di una Sgr appartenente a un gruppo bancario e al problema di coordinamento (in ottica di predisposizione di presidi 231) generato dall’eventuale condivisione dei medesimi consulenti esterni tra la banca e la Sgr. La Sgr, in aderenza alle linee guida di categoria, adotterà misure (inserimento nel contratto con il consulente esterno di clausole risolutive espresse legate al mancato rispetto del modello 231) volte a presidiare il comportamento dei consulenti esterni. La banca, al contrario, considererà non rilevante, ai fini della prevenzione della responsabilità 231, l’operato dei consulenti esterni, generandosi di conseguenza un disallineamento pericoloso delle politiche di gruppo in materia 231”. 

Viceversa, in caso di uniformità tra le diverse linee guida, si produrrebbe un “allineamento delle aree di rischio tipicamente presenti in un contesto aziendale e maggior coordinamento della politica di vigilanza e controllo”.


IL COORDINAMENTO DEGLI ODV A LIVELLO DI GRUPPO

Altri tipi di difformità riguardano le sanzioni e l’Odv. “Per Ania, l’Odv deve fare capo a una figura o entità più alta nell’economia, mentre Abi riconosce all’Organismo di vigilanza il compito di proporre eventuali sanzioni connesse alla violazione del modello”; inoltre, se “Assosim prevede che l’Odv della capogruppo possa effettuare anche autonomamente verifiche e controlli su altre società del gruppo, Ania prevede che tra gli Odv delle diverse società del gruppo possano essere instaurati rapporti di assistenza e collaborazione per l’espletamento delle attività di vigilanza e controllo. Il differente grado di ingerenza dell’Odv della capogruppo sull’attività delle controllate che sembra essere autorizzato dalle linee guida di categoria, può senz’altro rappresentare un ostacolo alla definizione di una politica 231 di gruppo condivisa ed efficiente”.

Si rende necessario, quindi, un coordinamento tra i diversi Odv del gruppo, da raggiungere attraverso “una trasmissione continua o periodica di informazioni tra capogruppo e società da questa controllate, al fine di favorire un flusso informativo continuo”. Questo si traduce in riunioni periodiche per la condivisione e l’approfondimento di tematiche di interesse trasversale all’interno del gruppo; una condivisione dei piani di vigilanza e controllo annuali anche per sfruttare sinergie di gruppo nell’effettuazione di interventi di vigilanza e controllo su aree a rischio reato comuni; l’attuazione di flussi informativi occasionali ove, all’interno di una singola realtà aziendale, si riscontrassero rischiosità o falle potenzialmente replicabili anche nelle altre società del gruppo.

In definitiva, un allineamento delle linee guida 231 di categoria consentirebbe, secondo De Nicola, “di adottare presidi 231 il più possibile omogenei nell’ambito di un gruppo, per evitare che una cattiva organizzazione delle controllate possa essere giudicata come una politica di gruppo inefficace nel prevenire i reati”.


SERVE UN CONTROLLORE INDIPENDENTE

Per garantire un controllo efficace e diffuso sul modello organizzativo e sulla compliance serve una figura esperta e autonoma che operi all’interno dell’ente. Con un vantaggio economico per la società

In tema di 231, non esiste presso la Cassazione una sezione specializzata, ovvero non vi è una sola sezione che se ne occupa, ma questa viene individuata in relazione al reato presupposto: ad esempio, in caso di aggiotaggio, a intervenire è la V sezione, in caso di riciclaggio, è la II sezione. 
Tra i temi sui quali la cassazione è maggiormente intervenuta vi è quello della confisca. “A questo proposito – spiega Eugenio Fusco, sostituto Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Milano –  la Cassazione considera la confisca (prevista dagli artt. 9 e 19 del d.lgs. 231) un provvedimento di tipo sanzionatorio e, come tale, non può essere applicata retroattivamente. Oggetto della confisca, oltre ai beni che costituiscono provento dell’illecito, possono essere anche i crediti, purché esigibili, così come i beni personali di chi è imputato del reato presupposto.
Il giudice – continua – deve individuare il limite e l’ammontare della confisca e applicarla anche in caso di patteggiamento: se nell’accordo tra le parti si omette l’oggetto della confisca, il giudice può intervenire stabilendone l’entità”.
Fuori dal tema della confisca si segnalano, per l’importanza delle questioni trattate, la sentenza sul ricorso della Procura di Milano contro Citibank, che stabilisce “l’autonomia della responsabilità dell’ente rispetto all’individuazione dell’autore del reato: l’ente viene sanzionato anche se non è individuato il responsabile fisico del reato presupposto”; e la sentenza 21192/2013, emessa dalla VI sezione, in materia di corruzione, che chiarisce “la differenza tra interesse e vantaggio: il primo è l’interesse a monte, il secondo è il risultato della condotta, che si può apprezzare solo ex post. In alcuni casi, l’interesse di chi ha commesso l’illecito può coincidere con l’interesse dell’ente; è esclusa la responsabilità dell’ente se l’interesse è esclusivo di chi ha commesso il reato”. 


IL CONTROLLO DEVE ESSERE INTERNO

Al di là dell’orientamento giurisprudenziale in tema di responsabilità amministrativa, è bene ribadire un concetto: non è più possibile lasciare il controllo solo nelle mani di giudici, procure, autorità di vigilanza: il controllo deve essere all’interno delle società. “La filosofia della 231 – sottolinea Fusco – è la prevenzione del reato e, in questo senso, esiste un’unica ricetta: istituire organismi di vigilanza indipendenti così che il controllo del modello organizzativo e la compliance siano effettivi e diffusi. Serve un controllore indipendente ed esperto all’interno, che operi in modo attento. Nel tempo ci sarà anche un ritorno economico per la società”.

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