PERCHE' NON COPIAMO GLI INGLESI?

Anche in Italia può essere praticabile il meccanismo automatico di adesione ai fondi previdenziali, così come già individuato, e applicato dal 2012, dalla Commissione Turner nel Regno Unito

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Con un tasso di copertura previdenziale complementare inferiore al 14% della popolazione in età lavorativa, l’Italia è il fanalino di coda della classifica europea, ma nessuno sembra preoccuparsene. In Gran Bretagna il tasso di penetrazione della previdenza complementare sfiora il 50%, più del triplo rispetto all’Italia, eppure (considerandolo un serio problema sociale) il Governo britannico si è correttamente preoccupato del rischio di indigenza di numerosi pensionati futuri (forse in Italia il Governo spera in qualche miracolo). 
Secondo la migliore tradizione di oltre Manica, nei primi anni 2000 fu affidato a un gruppo di tecnici qualificati, noto come Commissione Turner (dal nome del suo presidente), il mandato di individuare nuove modalità per attivare un processo di sviluppo capillare della previdenza complementare. Le indicazioni dei tecnici furono puntualmente trasfuse in norme di legge nel 2008, e la nuova disciplina ha trovato la prima applicazione dal 2012. 
Uk: lavoratori automaticamente iscritti

I lavoratori dai 22 anni di età sino all’età di pensionamento, non ancora coperti da un piano di previdenza complementare, con un reddito annuo di almeno 8.105 sterline (circa 10 mila euro) sono automaticamente iscritti al proprio fondo di riferimento. Se questo non esiste, vengono iscritti a una nuova forma gestita dallo Stato, operante in regime tecnico di contribuzione definita a capitalizzazione individuale, denominata National employement savings trust
Il livello contributivo minimo è del 9%: 4% a carico del dipendente, 3% a carico del datore di lavoro, 1% a carico della finanza pubblica, in forma di agevolazioni fiscali. Il singolo lavoratore ha facoltà di rifiutare la copertura complementare entro 30 giorni dall’intervenuta iscrizione, ma ogni tre anni il meccanismo dell’adesione automatica si ripete nell’auspicio che, nel frattempo, egli abbia acquisito la consapevolezza delle proprie necessità pensionistiche. L’attuale Governo di sua Maestà, pur ponendo in essere un criticabile intervento sulla previdenza di base, non ha modificato l’assetto ordinamentale di quella complementare.


LA PROPOSTA PER IL NOSTRO PAESE

È una soluzione che si potrebbe importare in Italia? Personalmente giudico praticabile l’obiettivo di un meccanismo sostanzialmente non dissimile da quello individuato dalla Commissione Turner. Basterebbe reinterpretare le modalità di espressione della volontarietà da parte del lavoratore, requisito previsto dalla normativa di settore per aderire a piani di previdenza complementare. In che modo? Reputo tecnicamente conforme alla vigente disciplina ipotizzare che una fonte collettiva disponga l’adesione di un bacino di lavoratori a un fondo pensione, con conferimento del Tfr e una contribuzione datoriale e del singolo, e con facoltà per ciascun dipendente interessato, formalmente e puntualmente informato dell’avvenuta iscrizione e delle inerenti modalità di realizzazione del piano pensionistico, di rinunciarvi entro un determinato termine. Sono fermamente convinto che solo così si potrà arrivare anche in Italia a un ragionevole tasso di diffusione delle coperture pensionistiche di secondo pilastro. Con questa impostazione anche la disciplina della portabilità, con continuità del diritto al contributo datoriale, ipotizzata nel ddl in tema di concorrenza, variamente criticata nel settore, apparirebbe assai meno eversiva di quanto oggi appaia.


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