DALLA “PRESTAZIONE” ALLA QUALITÀ DELLA PROFESSIONE

L’appello alle consolidate conoscenze del perito non deve essere un freno per il futuro. Puntare sul concetto di ciò che ancora si può fare, confrontandosi su idee e progetti, significa superare l’individualismo e favorire la costruzione di un’associazione di categoria attuale e rinnovata

DALLA “PRESTAZIONE” ALLA QUALITÀ DELLA PROFESSIONE
Finito il tempo delle celebrazioni, in Aipai continua la riflessione sul ruolo dell’associazione, sulla trasformazione in atto e sulle prospettive di ruolo e obiettivi che possiamo darci.
Prendiamo spunto da alcuni suggerimenti pervenuti da soggetti esterni al mondo assicurativo, che senza pericolo di visioni funzionali hanno innescato una idea di associazione rinnovata, attuale e contestuale.
Se l’idea di associazione in generale è nata dalla presa di coscienza dell’individuo e dalla sua conseguente volontà di favorire il collettivismo, oggi un gruppo di soggetti uniti dal ciò che siamo appare nient’altro che elitario e anacronistico.
Molto più di ciò che abbiamo conquistato, oggi a valere sembra ciò che possiamo, in una direzione quindi più rivolta alle idee, a un progetto, che non alla conservazione dei crediti acquisiti.
Il passo sembra breve, invece le difficoltà sono molteplici, soprattutto di carattere psicologico.
L’idea del superamento delle posizioni acquisite entra in conflitto con la sensazione di concedere una parte dei propri diritti a chi probabilmente non viene ritenuto qualificato, e comprendere di poterlo fare per una idea diversa non è facile, perché i primi a essere messi in discussione siamo proprio noi.
Dobbiamo avere il coraggio e la consapevolezza di ritenere le nostre conoscenze non il traguardo di una vita professionale, ma uno strumento per fare meglio, per sviluppare in modo più efficace progetti e idee, mettendoci in gioco giorno per giorno, forti della nostra esperienza.

IL VALORE DEL LAVORO DEL PERITO

Il superamento dell’individuo come scopo dell’associazione non è che il primo passo. Serve di concerto capire quale progetto intraprendere, quale idea si può ritenere condivisa dalla collettività dei periti per renderla un bene comune da perseguire.
In questo senso ci vengono in aiuto i promotori della legge n. 4/2013, cioè la legge che ha inteso disciplinare le professioni non riconosciute.
Questa norma infatti non è stata pensata in ragione della certificazione delle professioni non ordinistiche, ma a elevare quale protagonista la prestazione, allora e prima di tutto a favore del consumatore, ma non solo. La pedissequa e diligente prestazione professionale, tecnicamente corretta e procedurata, non significa a prescindere l’aver risolto l’incarico affidatoci, soprattutto se non abbiamo compreso a monte le ragioni della mandante e i diritti del consumatore.
Ecco che la certificazione diventa strumento e non soluzione, ed ecco che l’associazione diventa occasione di entrare a far parte di un processo cognitivo e formativo che può migliorarci, per portare a elevare la nostra professionalità a espressione non avulsa dalla realtà, dal mercato e dalle richieste delle mandanti, dall’esigenza sociale di prestazione in senso ampio ed evoluto.
La prestazione, in diritto, è quanto un soggetto contribuisce in adempimento a una obbligazione, non in ragione solo delle sue capacità e conoscenze, condizione necessaria ma non sufficiente, ma soprattutto in ordine all’apporto fornito per l’ottenimento di un risultato.
In sostanza si tratta di rischiare mettendo in campo le capacità acquisite per misurarne l’efficacia in ragione di un risultato, valutandone il contributo apportato a tale scopo.
Per tale motivo ritengo inadeguato calcolare il valore delle prestazioni in ragione del tempo impiegato, come non è possibile determinare il valore di una parcella senza considerare i costi minimi necessari al sostentamento della persona e dell’impresa (ma questo è un altro interessante argomento che non è il caso ora di sviluppare).


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GUARDARE AL PASSATO NON BASTA

Le nostre consolidate conoscenze quindi non possono essere un freno al nostro futuro, non possiamo immaginarci dei meravigliosi e preparati macchinisti di treni a vapore e non comprendere come non sembriamo più così indispensabili.
Sulla base di queste nostre certe conoscenze possiamo fondare il futuro, cercando di coinvolgere e ascoltare il mercato, rendendoci disponibili a comprenderne le esigenze, ma proponendo anche soluzioni e collaborazioni, in un’ottica di condivisione, senza paura di metterci in gioco.
Per essere bisogna essere stati, non v’è dubbio, ma forse noi abbiamo troppo spesso raccontato quanto siamo stati: oggi è tempo di essere e basta.
Come un moderno macchinista di treni ad alta tecnologia e velocità: non è un caso che il nome non sia cambiato. 

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