EQUILIBRIO DI GENERE, UNO STILE MANAGERIALE

La diversity e la parità salariale rappresentano un’opportunità da cogliere in occasione di modifiche organizzative, passaggi di ruolo o pensionamenti. Se il tempo necessario per questo cambiamento è una variabile da non trascurare, ciò che conta e agire su obiettivi aziendali chiari e misurabili, capaci di premiare le persone in base al merito

EQUILIBRIO DI GENERE, UNO STILE MANAGERIALE
“Equità, merito, formazione dei più giovani caratterizzano lo stile manageriale di Maria Luisa Gota. L’attenzione alla trasparenza, all’efficienza dei processi e alla visione di lungo periodo le hanno consentito di conseguire importanti risultati economici nell’ambito di una molteplicità di progetti. Tra le sue peculiarità va sottolineata l’attenzione alla diversity e la continua cura prestata a preservare un equilibrio di genere a tutti i livelli della struttura organizzativa da lei diretta, anche con riguardo ai temi di parità salariale: in Fideuram Vita le donne rappresentano il 60% della forza lavoro; il 50% dei manager e il 50% dei manager di prima linea”. 
Con queste motivazioni la giuria del premio Women in Finance ha voluto riconoscere alla nostra organizzazione un ruolo vincente nell’affermazione di modelli e ruoli femminili che sostengono coerentemente i temi dell’identità di genere. 
La diversity e la parità salariale sono due temi seguiti con grande attenzione in Fideuram Vita, per preservare un equilibrio di genere a tutti i livelli dell’azienda. Sono obiettivi non solo della nostra società, ma di tutto il gruppo Intesa Sanpaolo. L’impegno a realizzarlo è concreto al punto da rappresentare uno degli elementi di valutazione dei top manager.

MENTORSHIP PER UN RICAMBIO GRADUALE

Questi aspetti sono rilevanti, innanzitutto perché le donne rappresentano una buona parte dei professionisti in circolazione, e sotto-impiegarle significa rinunciare al contributo intellettuale di una fetta rilevante della popolazione.
Che tale rinuncia costi alle imprese lo ha dimostrato la Consob in un recente rapporto, pubblicato a settembre 2018, con riferimento alla gender diversity a livello dei consigli di amministrazione. Dallo studio, volto ad analizzare gli effetti della legge Golfo-Mosca, emerge che “l’ingresso delle nuove amministratrici nei cda delle società quotate ha contribuito a modificare anche altre caratteristiche dei board, riducendo l’età media, aumentando la diversità in termini di età e background professionale, il livello medio di istruzione e la presenza di donne interlockers. Con riguardo all’effetto sulle performance, lo studio evidenzia come sia determinante la presenza di una massa critica di donne perché queste riescano a impattare positivamente sui risultati d’impresa, supportando la validità della cosiddetta critical mass theory. In particolare, quando la percentuale di donne supera una determinata threshold, che varia tra il 17% e il 20% del board, le stime evidenziano un effetto positivo e significativo su tutte le misure di performance utilizzate.”
 Se la legge Golfo-Mosca ha avuto efficacia nel promuovere la diversità di genere nella stanza dei bottoni, sta invece a ciascuna organizzazione, sensibilizzata grazie anche a un consiglio di amministrazione più rosa, lavorare su questi aspetti al proprio interno. Ed è quello su cui il nostro gruppo si sta impegnando. In generale, per produrre un cambiamento tangibile è necessario un po’ di tempo: se le posizioni direttive risultano occupate in larga parte da uomini, il ricambio può avvenire solo gradualmente, in occasione di modifiche organizzative, passaggi di ruolo, pensionamenti, uscite. Creare adeguati percorsi di crescita per le giovani donne ad alto potenziale è un presupposto indispensabile al raggiungimento di un equilibrio di genere ai livelli direttivi: su questo aspetto occorre lavorare con programmi di mentorship, formazione manageriale mirata, individuazione di role model, momenti anche informali di valutazione e feedback.
Volendo riassumere, credo quindi che le azioni fondamentali per promuovere la diversità di genere nella propria organizzazione siano: dichiararlo come obiettivo, declinarlo in indicatori misurabili, monitorare l’andamento regolarmente, premiare i manager virtuosi.
 
IL PROBLEMA DEL “GENDER PAY GAP”

Tra gli indicatori di efficacia dell’equilibrio di genere includo anche l’aspetto relativo alle retribuzioni. Questo è un tema caldo al centro di un’attività di studio e sensibilizzazione anche da parte dell’Unione Europea, che ha identificato il 3 novembre come l’Equal pay day, ossia il giorno dal quale le donne europee lavorano simbolicamente gratis fino alla fine dell’anno. Il gender pay gap medio nell’Unione Europea è il 16,2%. L’Italia si posiziona apparentemente bene con un 5,3%, tuttavia se si passa da questi dati, basati sulla retribuzione oraria lorda, a una vista più ampia che considera anche, per esempio, il fenomeno rilevante nel nostro Paese di donne che si occupano della famiglia non percependo alcuna retribuzione (gender overall earnings gap) l’Italia scivola al 43,7%, ben al di sopra della media europea (39,6%). (*)
 Se questa è la situazione in Italia, il gruppo Intesa Sanpaolo rappresenta un’isola felice, grazie a linee guida e processi per la determinazione delle retribuzioni che lasciano poco spazio a considerazioni soggettive basate sul genere. Le posizioni manageriali hanno tutte una pesatura organizzativa che limita fortemente i margini di discrezionalità. Il risultato di questa impostazione è che, per esempio, in Fideuram Vita il gender pay gap (a parità di ruoli manageriali e professionali) è sostanzialmente irrilevante, e ben al di sotto della media italiana.

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